La mattina in cui sono arrivato alla casa in montagna mi sembrava tutto molto strano. Una sorta di sogno. Nel corso delle ultime settimane avevo iniziato i preparativi per il trasloco. Non mi ero mai reso conto quante cose inutili si accumulano con il tempo. Si acquista sempre qualcosa con l’idea che serva assolutamente, che sia indispensabile. Poi – non sempre, per fortuna – il tempo seleziona ciò che serve davvero da ciò che è inutile. Una sorta di teoria evoluzionistica per le cose. Sopravvivono solo le più adatte ed idonee ed utili, non le migliori.
Chi si occupa di marketing e di vendite questo lo conosce bene. Il loro obiettivo sarà sempre quello di chiudere la vendita prima possibile, ancora meglio se all’istante. Provate a rimandare un acquisto di qualche giorno. Molte volte scoprirete che quel desiderio si è affievolito e che ciò che prima era una necessità irrinunciabile è diventato uno sfizio superfluo. Ho un amico che prova molto più piacere a desiderare ed a trovare degli oggetti particolari ed introvabili. Ci mette l’anima. Una volta trovati, anziché comprare immediatamente, si ferma e rimanda l’acquisto di qualche giorno. Capita spesso che poi non torni più in negozio. Il suo appetito è passato. Dice sempre che gode di più a desiderare e trovare ciò che desidera che ad acquistarlo davvero.
Il commercio elettronico – basta un click – si muove spesso grazie a questo desiderio di avere tutto subito. Si compra facilmente e velocemente. Il famoso acquisto d’impulso. Ma alla lunga la gente forse capirà che la ricerca provoca più piacere del possesso. Il desiderio di avere è meglio di avere davvero. Il desiderio continua ad ardere. Il possesso può stufare in fretta, soppiantato dal desiderio.
Aggiungo pure che negli ultimi anni mi sono convinto che anche nella vita sia così. Abbiamo tutto, fin troppo. Ma il superfluo poi stanca presto. E diventa fastidioso. Forse sono le nostre vite ad essere troppo intense. Forse è il modello di società capitalistica che ci spinge ad essere in perenne fase di acquisto. Ma torniamo a noi.
Vi dicevo, avevo preparato quasi tutto in casa. La mattina in cui mi trasferii definitivamente avevo solo da mettere la spesa nel frigorifero e da preparare il letto. Non ci avevo mai dormito. Una sorta di scommessa e sfida con me stesso: ci sarei venuto a dormire il giorno in cui sarei stato pronto a rimanerci. E quel venerdi era arrivato.
Argo conosceva già molto bene il posto. Ne era entusiasta. Non appena aprivo il portellone della macchina saltava giù entusiasta ed iniziava a correre nel prato. Ad annusare l’aria, a rincorrere amici immaginari, a pisciare ovunque segnando il suo territorio.