Ci sono giornate strane e particolari. Giornate che sembrano normali ma che poi riservano delle sorprese inaspettate. Oggi è una di queste.
A volte ti ritrovi a pensare che sia tutto collegato, una catena di eventi, come dicevano in Accademia Aeronautica, nel mio passato da pilota militare, quando si studiavano le emergenze ed i vecchi incidenti aerei. Non era mai un singolo particolare a causare un disastro, quanto un’insieme collegato di concause e di eventi che si mettono in fila. Prende piede una fila di sfighe che diventano sempre più grandi ed ingestibili. Questo discorso mi ha sempre fatto pensare alle valanghe ed a quando si fa rotolare una piccola palla di neve su un pendio innevato. Parti piccola e si ingrossa.
Vabbè. Poco importa. Anche se oggi parleremo di ali. Di voli e di incontri volanti.
Questo pomeriggio me ne stavo tranquillo a lavorare al computer, all’esterno. Oggi giornata spettacolare, con un cielo azzurro e terso, di un blu profondo. Nelle ore centrali il sole rendeva piacevole stare all’aperto in t-shirt. Argo girava a naso basso per il prato, felice di essere ritornato in montagna. Anche a lui mancava questo posto.
Dal sentiero al limitare del bosco è spuntato di corsa un bellissimo cane, che immediatamente ha puntato Argo. Che immediatamente ha puntato il nuovo arrivato. Code alte e sguardi intensi. Ma nessuno che abbaiava. Si avvicinavano facendo un ampio cerchio, osservandosi e scodinzolando a tratti, come due boxer che si studiano, indecisi se colpire per primi oppure attendere la mossa dell’avversario. Nessuno dei due cani sembrava particolarmente ostile o aggressivo.
Io me ne stavo curioso ad osservare la scena. Nemmeno mi ero accorto che a pochi metri dal cane seguiva una ragazza dai capelli neri, anche lei rapita dalla scena, forse indecisa se richiamare il proprio cane o lasciare perdere. Ci guardammo, senza dire nulla, come se pensassimo la stessa cosa. Lasciamo fare.
I due cani erano sempre più vicini, fino a che, ad un tratto, come se fosse arrivato un segnale, iniziarono a rincorrersi nel prato, prima uno e poi l’altro. Come se si fossero sempre conosciuti. Una scena davvero divertente. Con Argo che si fermava, si abbassava nell’erba e scattava non appena l’altro cane gli arrivava a qualche metro. Poi era l’altro a nascondersi.
Nel frattempo la ragazza era arrivata sul bordo del prato.
“Ciao, scusami. Adesso lo richiamo e lo lego”.
“Ma figurati, pensi di riuscire a fermarli? guarda come si stanno divertendo”.
“Comunque ciao, benvenuta. Piacere Adam”.
“Piacere mio, mi chiamo Angela. Strano nome Adam, che è? un soprannome o davvero di ti chiami così?”
“Lasciamo perdere, nomi e parenti non si possono scegliere, pare..”
Arrossì un attimo, consapevole di aver fatto una mezza figuraccia. Ma era così bella, con quella punta di imbarazzo. La guardai bene. Aveva due occhi che erano due pezzi di cielo. Dello stesso colore del cielo. Aveva i capelli riccioli, neri, con un ciuffo più lungo sulla destra, non ho capito se dovuto ad un taglio asimmetrico oppure al modo di raccogliersi i capelli. Oppure le erano scesi camminando.
Per un attimo ci guardammo, senza dire nulla. Ma non c’era nulla da dire. Andava tutto bene così. Ci salvarono dall’imminente imbarazzo i due cani che finirono entrambi tra le nostre gambe. Nascondendosi l’uno dall’altro.
” Che bel posto. Come sei fortunato”
“Si. E’ davvero splendido. Qui sono il capo del mio mondo. E’ il nostro rifugio”
“Ma vivi qui oppure sei in vacanza?”
“Diciamo entrambi. Vengo a vivere qui appena posso. E stare qui è come essere perennemente in vacanza”
Entrambi stavamo guardano il panorama, il prato, i boschi, le cime delle montagne di fronte e la valle che si apriva sulla destra.
“Te? che fai da queste parti? Sei in vacanza? non gira molta gente qui durante la settimana”
“In effetti questo è un sentiero poco battuto, la gente preferisce passare dall’altra, lungo la forestale, salendo in questo primo tratto. Forse è meno faticosa. Forse più segnalata. Comunque no, non sono in vacanza. Cioè, si, oggi sono in ferie, ma abito giù in paese. Quindi, tecnicamente non sono una turista vacanziera, se è questo che intendevi.”
Quando parlava le si illuminavano gli occhi. La bocca era piccolina e ben proporzionata, senza un filo di rossetto. Dei denti bellissimi. Due orecchini a cerchio molto grandi, di colore marrone. Due bellissime mani, con le unghie finte, credo. Sicuramente non faceva un lavoro da tastiera, e nemmeno da operaia. Più la guardavo più ne ero affascinato. Un angelo. Un angelo senza ali, lì con me. In quest’angolo di paradiso. Un angelo ed un orso.E due cani. E da qualche parte pure una gatta.
“E dove stai andando di bello? sali al rifugio? è ancora aperto?”
“No, no. Sto solo facendo una passeggiata. E’ così bello camminare in autunno, in attesa che il bosco si colori ed i larici diventino fiammeggianti”.
Oh, è pure poetessa. Ero incantato.
“Ma.. posso offrirti qualcosa? Ho dell’acqua, poi dell’acqua, o, se preferisci, dell’acqua”.
Lei rise. E pure il suo sorriso era angelico. Leggero e solare. Con gli occhi che erano magnetici. Cosa mi ricordo, ora di lei? due occhi. Due splendidi occhi celesti come il cielo.
“No grazie, ora proseguo il giro. Casomai passo al ritorno per un the. Ne hai del the?”
“Certo, dovrei averne.” E dentro di me dicevo che, casomai non ne avessi avuto, una corsa in paese a comprarlo apposta non me l’avrebbe risparmiata nessuno.
“Va bene, Adam. Ci vediamo dopo per il the delle cinque allora?”
“Volentieri. Sarà un piacere”
E la sentii chiamare il cane. Ma ero così confuso che nemmeno ricordo il nome. Del cane. Il cane la raggiunse ubbidiente. Con Argo al seguito, che li scortò fino al limitare del bosco.
Poi se ne tornò indietro da solo, con il suo passo traballante come un ubriaco, quel passo che sfodera solo quando è felice, una camminata da bullo, con la coda alta scodinzolante e lo sguardo che sembra ridere.
Alle 16:40 arrivò di corsa il cane di cui non ricordo il nome, seguito da Angela. Di cui ricordo bene il nome. Nel frattempo avevo messo l’acqua a bollire sul fuoco, pronta per il the delle cinque. Come a Buckingham Palace. Forse meglio. Avevo recuperato una scatola di metallo, quelle vecchie dei biscotti Baiocco, piena di bustine di the, dai gusti e dalle fragranze più svariate, rimasuglio di quando avevo lo studio e le ragazze bevano the come le idrovore.
Nel frattempo il sole stava sparendo dietro le cime e la temperatura non erano più tali da permettere di sorseggiare il the seduti all’esterno. Proposi ad Angela di entrare.
“Stiamo dentro, direi, visto che fuori non è più così caldo”
Entrammo nella baita, che aveva già il tavolo imbandito con Loacker “confezione rossa”, i migliori, tovaglioli, due tazze e la teiera.
“Woow, dentro è ancora più bella ed accogliente di come è fuori. Complimenti. E’ bellissima”
“Si, hai ragione. Ne vado davvero fiero. Questo è il mio angolo di paradiso”
Passammo due ore incredibili. Che volarono. E se non fosse stato per l’imbrunire che improvvisamente era sopraggiunto così come solo in montagna può accadere, avremmo potuto continuare per altre due ore. forse di più. Quanto lo avrei voluto.
Alla fine decisi di accompagnarla per un tratto del sentiero, perlomeno fino ad uscire del bosco, fino ai prati appena sopra il paese, dove aveva detto di abitare.
Avrei voluto salutarla meglio. Nemmeno ci sfiorammo. Ma i nostri sguardi furono intensi. Mi ci perdevo in quel cielo turchese che aveva negli occhi. Anche lei, credo, provò un certo imbarazzo. Chissà. Sembrava pure lei indecisa sul modo di salutarci. Alla fine, da montanari, fini con un semplice ciao. A presto. Senza toccarci.
Ho insistito per lasciarle la pila. Un’occasione per rivederla ancora, spero, quando avesse deciso di restituirmela. Buonanotte Angela.
Oggi ho incontrato un angelo, a cui mancavano solo le ali. O forse, magari, ce le ha pure, ben nascoste. Chissà.
Quanto è bella la vita, certi giorni.