Visto che ormai a scrivere qui ci prendo gusto, mi sembra doveroso raccontarvi del pomeriggio di ieri. E della serata. Mettetevi comodi.

Come promesso, verso le cinque del pomeriggio – le cinque sono ormai la nostra ora, la nostra ora del the – è arrivata Angela con il cane. I nostri due animali impazziscono quando stanno assieme, non fanno altro che giocare, sembrano conoscersi da sempre. Io impazzisco quando posso stare con lei. La conosco da due giorni, ma mi sembra di conoscerla da sempre.

Ci siamo avviati a piedi lungo il sentiero che sale verso la montagna a est. Una bella passeggiata nel bosco, su un versante pieno di castagni. Il bosco era pieno di rumori, soprattutto di ricci di castagne che cadevano a terra. I cani andavano avanti e, quando troppo lontani, si fermavano a vedere se arrivavamo; se non ci vedevano correvano indietro. Con Angela abbiamo parlato, parlato e parlato. Ero sempre più ammirato ed incantato. Una persona speciale. Piena di esperienze e di conoscenze.

Siamo arrivati infine al luogo meta della passeggiata. Un pianoro pieno di alti abeti e larici, con un sottobosco di piante di mirtilli e tronchi ricoperti di muschio. In effetti era un posto particolare, come mi era stato anticipato. Il luogo ideale in cui ambientare una storia di streghe, maghi e riunioni esoteriche. Un bosco magico. Il sole era basso all’orizzonte e filtrava diretto negli occhi, tra gli alberi ed i rami. Il momento e la luce del sole rendeva l’atmosfera molto speciale.

“Ecco, qui di solito vengo a passeggiare, a rilassarmi ed a raccogliere mirtilli d’estate. E’ un bosco magico.” mi dice Angela.

“Si, è tutto magico, sembra, non solo il bosco” ho risposto alludendo a lei.

Lungo la strada eravamo saliti chiacchierando, affiancati ma senza sfiorarci. Non ero riuscito a guardarla negli occhi, ed ora che eravamo una di fronte all’altro, potevo finalmente tuffarmi nei suoi occhi. Ero incredibilmente attratto da lei. Una strana sensazione, mai provata prima con nessun’altra. Da qualche giorno tenevo a bada le emozioni, dicendomi che era una mia suggestione, che probabilmente mi stavo costruendo nella mia testa un film solo mio, che lei non era interessata a me se non come semplice amica. Ma che voglia di toccarla, di tenerle una mano. Di baciare quella splendida piccola boccuccia. Resistevo. A fatica ma resistevo.

“Questo è il posto giusto per camminare scalzi” ho detto, vicino ad un vecchio e grande tronco tagliato, interamente ricoperto di muschio. Era un vecchio abete, ancora radicato a terra, tagliato di netto a circa 40 centimetri dalla base. E sotto, un tappeto morbido di un colore verde acceso.

Ma si, proviamoci. Ed in un attimo ero scalzo con i piedi nel muschio. Una strana sensazione, molto bella. Era morbido, fresco ed i piedi sprofondavano per qualche centimetro. Sembrava un tappeto.

Anche Angela mi seguì nell’esperienza, sedendosi sul tronco per togliersi le scarpe ed i calzini. Mamma mia, pure i piedi aveva bellissimi. Quanto mi piaceva questa donna speciale e misteriosa. Che mi incantava e mi dava segnali contrastanti. Le piaccio, no si allontana. Mi avvicino, no mette qualcosa tra di noi. Però oggi è il terzo giorno consecutivo che ci troviamo. Qualcosa forse verrà dire. Forse si, ma ad un rincoglionito come me, forse dice solo dubbi.

Ad un tratto, dopo qualche passo nel muschio, si era creata una situazione molto elettrica. Ci siamo fermati a pochi centimetri uno dall’altra. Avrei fatto di tutto per baciarla, lei mi guardava diretta, con quegli occhioni magnetici, sorrideva e sembrava aspettare. Aspettava qualcosa che non arrivava. Io non capivo. Lungo la strada mi aveva fatto uno strano discorso, che riguardava una sua regola particolare, ovvero che lei per principio non faceva mai il primo passo con gli uomini. Dovevano essere gli uomini ad osare, ad avere il coraggio di farsi avanti. Io le avevo risposto che era una regola strana, che avrebbe potuto perdere qualcosa o qualcuno, se dall’altra parte il ragazzo non avesse capito che quella barriera era un principio e non una semplice indifferenza. Ed inoltre: per quale ragione mi aveva detto quella cosa? era un invito a starle alla larga, oppure un invito a provarci? Ossignor, quanti dubbi.

Nel frattempo eravamo sempre lì, fermi in un bosco, alle cinque e mezza di un giovedi di ottobre, con il sole che filtrava basso tra gli alberi, scalzi, con i piedi sprofondati nel muschio, che ci fissavamo, parlandoci con gli occhi ma senza fare nulla. Poi ho preso il coraggio e le ho accarezzato il viso. Era morbida. Era splendida. Quella carezza equivaleva ad un bacio. Per me era uno speciale bacio d’amore. Continuavamo a tenere gli occhi fissi negli occhi dell’altro. Sono certo che lei percepiva la mia voglia di baciarla. Io aspettavo un cenno, un qualcosa, un gesto, una smorfia, una parola. Ma niente. Mi fissava e sorrideva. Avremmo potuto fare nottata in quella posizione. Sicuramente si stava prendendo gioco di me.

Non so come accadde. Finalmente mi ritrovai con la mia bocca delicatamente appoggiata sulla sua. Rapido ma non troppo, mi sono staccato, ansioso, in attesa di una sua reazione. Avrebbe potuto essere un ceffone. O una spinta con un “ma che ti prende? come ti permetti? Oppure avrebbe potuto gradire.

Lei mi fissava, con quegli occhi pazzeschi. Allora la ribaciai. Questa volta le nostre labbra si schiusero. E le nostre mani si cercarono. Per finire poi in un abbraccio, dolce e tenero. Ed in un bacio appassionato. Ma non di quelli erotici, pieni di passione. Non era un dolce, sentito, profondo bacio di amore. Perlomeno per me.

Qualcosa era successo. Lassù. In quel bosco che rimarrà per sempre nella mia testa e nei miei ricordi. Che sofferenza. Che sofferenza quando il desiderio è tanto, ma non si capisce se sia reciproco. Il cuore mi batteva forte. Le tenevo la mano e sentivo che i nostri corpi e le nostre menti erano in sintonia. Uno degli istanti più belli ed emozionanti della mia vita. Davvero. Di ragazze e donne ne ho baciate ancora, ma quel bacio è stato memorabile.

Siamo rimasti seduti su quel tronco tagliato per qualche minuto. Vicini, mano nella mano. Guardandoci. Chiacchierando. Ogni tanto le dicevo “ancora, ancora uno”, e la baciavo. Ero l’uomo più felice del mondo. In un posto magico, con la donna più spettacolare del mondo. Che avevo conosciuto due giorni prima. Ma ero già completamente cotto, stracotto e bollito. E nemmeno sapevo se i miei sentimenti erano ricambiati. Però qualcosa era successo. Un bacio ad uno sconosciuto non si da per nulla.

Il sole stava ormai tramontando ed era giunta l’ora di rientrare. Argo e Cleo erano in vista e ci seguirono sulla via del ritorno, superandoci dopo qualche decina di metri di sentiero.

“Andiamo quindi in paese a mangiare qualcosa?” le domandai.

“Si volentieri”.

“Altrimenti possiamo fermarci da me alla baita, qualcosa da mangiare ce lo prepariamo”.

“Va bene” mi rispose. Ed io ero di nuovo l’uomo più felice del mondo. No, non perché sognavo chissà che finale di serata, no, ero emozionato solo all’idea di poter stare ancora con lei. In questi giorni, sono sicuro che lei se n’è accorta, ho fatto di tutto per riuscire a vederla ed a passare più tempo con lei. Vorrei sapere tutto di lei, vorrei conoscerla meglio, vorrei essere parte della sua vita.

In circa mezz’ora arrivammo al prato della baita. I cani erano già davanti alla porta, con la lingua penzolante per le corse.

Abbiamo trascorso una serata spettacolare. I cui dettagli, magari, ve li racconterò domani.

Vi dirò solo che questa donna potrebbe essere la donna della mia vita. Difficilmente lo sarà, ma lei è speciale. Davvero speciale. Nel bosco, sulla via del ritorno, lei mi ha detto: “Non capisco perché trovo sempre gli uomini giusti, nei momenti sbagliati”. Non ho avuto il coraggio di chiedere se ora si trovasse nel momento giusto o in quello sbagliato. Men che meno avrei mai avuto il coraggio di domandare se fossi io l’uomo giusto. Non ero pronto a rattristarmi, ora che avevo toccato il cielo con un dito.