Photo by Joe Caione on Unsplash
L’altra notte è cambiata l’ora. Negli orologi, ma non nella mia testa. Mi sono svegliato alla solita ora pensando di aver dormito troppo, visto che fuori c’era già molta luce. Il sole non era ancora spuntato da dietro le montagne, ma sembrava già giorno. Ho guardato l’ora sul telefono, che presto!, ed ho deciso di sparire ancora per un poco sotto al piumino, che mi sono tirato fin sopra la testa.
Qualcuno mi dice, e l’ho letto pure su qualche libro, che la mattina, appena svegliati, rimanere con gli occhi chiusi, rilassati, è un ottimo momento per riflettere. Anche per fare meditazione, per chi la pratica. Confesso che non sono mai riuscito a meditare, non riesco nemmeno a rilassarmi facendo respiri profondi, se meditare significa sgombrare la mente, bhe, solo il fatto di pensare di sgombrare la mente, a me, la riempie. Ci ho provato. Mi viene da ridere. Rido di me stesso e lascio perdere. Prima o poi mi farò insegnare la tecnica, ammesso e non concesso che ne esista una che vada bene per tutti. Perché ho il sospetto che, come tutte queste cose “spirituali”, ognuno debba trovare il proprio metodo.
E, comunque, questa mattina, qualcosa di simile alla meditazione l’ho sperimentata. Rimettendo la testa sotto al piumino, credo di essermi riaddormentato. E quando mi sono risvegliato da questa specie di torpore sonnolenza, avevo in testa delle idee che mi sembrava un peccato perdere. Mi sono alzato, ho preso la moleskine ed ho iniziato a scrivere. Un po’ come faccio quando scrivo questi post, assolutamente di getto, senza rileggere. Questo sito web che nessuno conosce, una sorta di nicchia tutta mia, che qualche casuale lettore ogni tanto raggiunge sarà pieno di errori ortografici, frasi sconclusionate e refusi. Poco importa. Magari ci si inciampa, ma non ci si può far male. E qualcuno, comunque, ci mette pure i cuoricini; ultimamente sono doppi. Mi fa piacere, ma mi fa schizzare al massimo il livello di curiosità. Non ho modo tuttavia di sapere chi sia. Non ho le statistiche attive, non mi interessano e non ho voglia di sbattermi per attivarle. E se anche le avessi non vedrei che un semplice indirizzo IP. Vorrei sapere chi è, almeno il nome, non l’indirizzo internet da cui si collega.
Stamattina ho considerato che questo posto, la natura, la pace, la lontananza dalla vita caotica di città, anche dagli impegni lavorativi, mi rigenerano. Questa baita è il mio luogo del benessere. Qui molto spesso sento di essere felice. Ma non tanto per il posto in sé, peraltro meraviglioso per chi ama la montagna, quanto perché lo sento come il mio posto, quello in cui io trovo me stesso. E’ Il mio rifugio in cui ricaricare le pile per poi ripartire più forte, in cui cercare di realizzare quello che sento come il mio percorso.
Qualche tempo fa, parlando con Mattia, un amico che mi chiedeva cosa facessi qui in montagna e come si viveva da orso solitario, ho risposto che avevo scoperto la vera essenza del minimalismo. Mi è uscita questa parola. L’ho fatta mia, così come il concetto che esprime. Il mio è un minimalismo totale, che passa dalla cose alle persone, dai pensieri alle azioni. Mattia è un filosofo, insegna pure filosofia, è scrittore, gran pensatore, un grande amico con cui è fantastico confrontarsi. Quella sera avevo capito che il mio minimalismo è togliere il superfluo, per raggiungere l’essenza, il piccolo nocciolo di indispensabile. Il cuore della questione, il centro di tutto il mio essere. Raggiunto questo, si cerca di arricchirlo solo di cose utili a farci sentire bene. Ogni tanto in rete si trovano post con la frase “solo cose belle”. Ecco, una cosa simile. E quando parlo di cose, non intendo solo gli oggetti materiali, includo anche le persone, i sentimenti, le azioni. Ogni faccenda che arricchisca, dia benessere e stimoli i sentimenti. Questo è il percorso del mio minimalismo. L’ho solo inquadrato ed ora mi sono avventurato in esso.
La vita in baita permette di vivere in maniera minimalista. A tratti lo obbliga. Uno dei passi più difficili da mettere in pratica, e questo ne è la riprova della loro intrinseca pericolosità, è lo staccarsi dalle tecnologie, soprattutto dagli smartphone. Non tanto dal telefono, quanto dalla connessione internet. Gli smartphone sono il cavallo di troia per ridurci definitivamente ad esseri incapaci di pensare con la propria testa. Ed il problema non è tanto per me, che ormai sono un vecchio, quanto per i giovani. Le app, i social, la possibilità di essere sempre connessi, di trovare ogni risposta in pochi secondi, sono sicuramente di grande aiuto. E’ tutto molto più facile. La vita sembra più facile. Ma crescere in un mondo troppo facile implica non essere più in grado di affrontare le cose difficili. Implica l’incapacità di fare e di pensare. Ci si atrofizza il cervello, si accetta di dare potere allo strumento, con il rischio concreto che, un domani, senza strumento, ci si ritrova persi, incapaci ed inutili. E non parlo solo della parte materiale, del fare. Parlo anche del livello sociale, dei rapporti con gli altri. Come si può coltivare un’amicizia seguendo l’altro sui social? Davvero pensate che i social siano reali? Davvero c’è gente che pensa che sui social la gente sia sincera, onesta e senza filtri?
I social sono una realtà finta ed artefatta. Dove tutti, più o meno involontariamente, raccontano solo il meglio ed il bello di sé. Nessuno scriverà mai cose negative. Perché l’essere sui social implica essere in vetrina. Significa mettersi in vetrina e guardare le vetrine degli altri. Si crea una competizione tra chi è più figo, più bello, più ricco, più di successo. Ma quanto rapporto umano traspare? Quanto sentimento, intelligenza, empatia, simpatia si riesce a mandare agli altri. Davvero pensiamo che i rapporti di amicizia si risolvano con un “ti seguo su instagram o su tiktok?
Ok, ora smetto di fare i pipponi. Di scrivere sermoni. Perché tanto i social non li utilizzo. E sono vecchio. Ma mi dispiace per i giovani. Torno al mio minimalismo.
Credo fermamente che il nostro benessere, la nostra felicità dipenda solo da noi. Dal nostro atteggiamento mentale. Ma il mondo in cui viviamo sembra fatto apposta – e probabilmente è stato costruito volutamente così dai “nasoni dell’1% – per allontanarci da questo. La società consumistica, tutta apparenza, tutta social, virtuale, liquida, dove conta l’apparire più dell’essere, dove l’oggetto conta più del pensiero, dove il successo rende tutto una competizione, ci allontana dalla vera felicità. Il mio minimalismo è ridurre al minimo l’essenza e l’essenziale. Sono due binari: uno spirituale e l’altro materiale. Li voglio ridurre ai minimi termini. Cercandone l’essenziale e l’indispensabile. Qui lo posso fare. Anche perché sono solo e non rischio di fare male a nessuno. Raggiunto il minimo, forse sarò libero. Sarò in grado di ripartire, cercando e conquistando solo quelle piccole cose che mi faranno stare bene. E, ne sono convinto, queste saranno in gran parte spirituali, riguarderanno i rapporti con le persone.
Ma per riprendere i rapporti con gli altri bisogna prima mettersi a nudo con sé stessi. Ritrovarsi. Acquisire serenità ed equilibrio. Liberare la mente per non pensare troppo alle questioni. Per aprirsi alle emozioni, che sono la vera essenza dell’essere vivi. Vorrei provare nuove esperienze, essere aperto alle nuove sensazioni e sperimentazioni. Senza preconcetti e vecchie idee. Una tabula rasa interamente da riscrivere. Per questo, credo, bisogna passare prima dal minimalismo spinto, il solo credo in grado di cancellare la nostra tabula.
Vorrei capire come potermi ascoltare, conoscere e riconoscere davvero nella mia essenza. Vorrei sapermi accontentare delle piccole cose. Di quelle che contano davvero. Arrivare a non avere aspettative nei confronti degli altri, a non desiderare le cose materiali, molto spesso inutili capricci che una volta ottenuti perdono qualsiasi significato. Vorrei tornare a sorprendermi dei sentimenti e delle emozioni. Vorrei piangere. E subito dopo ridere. Sono disposto a provare dolore, per dopo godermi il piacere. Vorrei che ogni giorno fosse costellato di regali. Di sorprese, di piccoli piaceri inaspettati. Vorrei anche amare, e sentirmi amato.
Vorrei.. cercare la strada per essere felice. Ci sto provando. E sono ragionevolmente ottimista. Qualche passo l’ho iniziato a fare.