È importante sapersi ritirare in se stessi: un eccessivo contatto con gli altri, spesso così dissimili da noi, disturba il nostro ordine interiore, riaccende passioni assopite, inasprisce tutto ciò che nell’animo vi è di debole o di non ancora perfettamente guarito. Vanno opportunamente alternate le due dimensioni della solitudine e della socialità: la prima ci farà provare nostalgia dei nostri simili, l’altra di noi stessi; in questo modo, l’una sarà proficuo rimedio dell’altra. La solitudine guarirà l’avversione alla folla, la folla cancellerà il tedio della solitudine.”
Seneca, De tranquillitate animi
Ieri sera stavo leggendo Seneca. Stavo riflettendo sul mio comportamento: digerisco sempre meno stare tra le gente, lavorare con le persone, stare nei posti affollati. Amo la gente ma dovrei essere a loro invisibile. Vederli ma non essere visto. Osservarli senza che loro mi vedano. Certo, capisco, comprendo, approvo: non è normale. Concordo.
Allora inizio a sentire dentro questo bisogno che sale dalla pancia e sale, sale, cresce, fino a diventare un chiodo fisso nei pensieri, sempre più ingombrante. Una volta ho letto questa frase: “il cervello pensa, il cuore sa”. Ci vorrei aggiungere: “la pancia decide”.
Quando sento questa insofferenza è il segnale che devo staccare e rifugiarmi a rigenerare in baita. Stacco tutto, disdico appuntamenti, sposto incontri, posticipo scadenze, salgo in auto e mi rifugio in baita. Qui sto bene. Qui ritrovo me stesso ed il senso delle cose.
Qui le cose capitano. Ed infatti, ieri, seduto in poltrona, ho trovato il paragrafo di Seneca che letteralmente descrive i miei sentimenti e le mie sensazioni. Gli studiati moderni direbbero “il mio mood“. “E sticazzi” risponderebbero in piazza del Popolo.
Leggo. Rileggo. Rifletto. Sottolineo il passaggio e me lo scrivo sul mio libro verde degli appunti. I filosofi antichi avevano capito tutto. Poi il mondo è andato lentamente ma inesorabilmente a rotoli.
E ieri sera è accaduta un’altra cosa. Perché qui le cose capitano. Mi alzo dalla poltrona, vado verso le porta, la apro e guardo fuori. L’aria che mi invade è fredda, nel bosco si sentono un sacco di uccelli che si chiamano, il cielo è stellano e la luna ancora non è spuntata da dietro la cima. Fuori è tutto buio. Argo annusa l’aria e rientra per sedersi sotto alla stufa. Penso ad Angela. Mi torna in mente le volte che la vedevo salire dal sentiero nel bosco. Mi manca ma sto bene anche senza. Credo sia possibile amare e voler bene alle persone anche senza viverci assieme. Ci sono cose che esistono. Certi sentimenti non devono essere provati. Semplicemente a volte si ritrovano e si incastrano ancora magicamente. Guardo l’ora e torno a sedermi.
Ma ancora qualcosa mi inquieta. Mi alzo e decido di prepararmi una camomilla. Adoro la camomilla, mi piace il sapore. La bevo sempre, anche di giorno, e non solo quando non sto bene fisicamente oppure voglio dormire meglio. Per me la camomilla è meglio della birra.
Poi Argo si alza e corre alla porta. Sono a due passi, mi allungo, metto la mano sulla maniglia e la apro. Argo scappa fuori ed un secondo dopo Angela compare sulla soglia.
“Ciao! sapevo che c’eri! Me lo sentivo.” mi dice con un sorriso a mille denti e quegli splendidi occhi celesti in cui vedo il mio cielo. Vorrei essere l’astronauta smarrito in quel cielo.
“Ciao! In effetti, non so come dirtelo, forse non mi crederai, sembra la solita frase di circostanza, ma ti aspettavo. Ti assicuro che ti ho appena pensata”
“Ti credo. Anche per me è la stessa cosa. Ero a casa, inquieta e qualcosa mi diceva che salendo qui ti avrei trovato. Sei stato assente per tanto tempo. Sei mancato tutto l’inverno”
“Si, in effetti ho avuto un sacco da fare, tanti lavori, tanti impegni, tanti casini. Alla fine stavo impazzendo, ho mollato tutto e mi sono venuto a rifugiare qui. Questo è il mio rifugio. Solo qui ritrovo me stesso”.
Ci siamo seduti a bere la camomilla, a parlare di noi e di come avevamo trascorso l’inverno. Lei lavora in città, dove si è presa un appartamento e torna in paese, qui in montagna, sempre meno spesso. I suoi interessi sono giù. Dove c’è anche il suo compagno.
Ad un tratto lei prende a raccontarmi della sua inquietudine. Dall’inizio dell’anno dorme male, fa brutti sogni, a volte incubi catastrofistici. Si sente inquieta ma non riesce a definirne le ragioni e l’origine. Mi racconta che anche altre sue conoscenze stanno provando la stessa sensazione. Alcuni hanno addirittura cambiato lavoro, dando le dimissioni senza aver trovato altro.
Angela prosegue: “Oggi, ad esempio, giornata di grande scazzo sul lavoro. Grande insoddisfazione. Sono uscita e sono scappata qui in montagna. In questo periodo faccio fatica a trovare il focus, a concentrarmi. Proprio non ne vengo a capo di nulla, ma non so nemmeno di cosa dovrei venirne a capo. La mattina ancora ancora, ma poi il pomeriggio non riesco quasi a lavorare. Sono preoccupata. Percepisco qualcosa che non comprendo.”
“Ti assicuro che per me è lo stesso. Anche io sono estremamente inquieto e insofferente. Verso tutto e tutti. Senza ragione. Non riesco a concentrarmi, la mente divaga e prende mille rivoli che non portano a nulla. Continuo a fare, a disfare, a pensare. Ma senza capire cosa sto facendo e perché lo stia facendo.”
“Si, io meno fare e disfare, ma tanto pensare. A mille cose senza poi realizzare nulla. Poi, mi sento in affanno, economico, che un pò è vero ma non così grave o da darmi preoccupazione. Invece ultimamente vado in ansia per qualsiasi cosa. “
“Penso che la scelta della camomilla sia davvero appropriata”. Abbiamo riso. E per un attimo siamo stati bene, felici di stare assieme. Come due innamorati che sanno di amarsi ma di non poterlo fare, ma che tanto stanno bene così, perché alla fine l’amore è un pensiero, un sentimento, uno stato d’animo. E quando si ama sapendo di essere ricambiati, è già sufficiente. Un amore senza complicazioni, perché non ci si frequenta e non ci si deve per forza sopportare ogni giorno.
Poi prosegue: “Il mio compagno l’altro giorno mi ha spiazzata. Lui che è uno che, vuoi anche che guadagna bene, non si fa mancare nulla, ultimo iphone, iwatch e tutto il resto, mi dice, così dal nulla o quasi:”devi sbarazzarti di tutta la materialità che ti circonda”. Sono rimasta di merda. “Hai troppe cose, torna a dirmi, devi liberarti dei tuoi beni materiali”.
” E tu cosa gli hai risposto?” le chiedo, curioso.
“Nulla. Non capivo perché, ma sapevo che aveva ragione. Infatti sto vendendo delle cosucce che tanto non mi interessano più”.
Siamo stati un paio d’ore a chiacchierare ed alla fine abbiamo deciso che tutta questa strana energia è colpa delle stelle. Ed, in effetti, in queste settimane Plutone entra in Acquario. dove ci rimarrà per vent’anni.
“Quando Plutone entra in un nuovo segno (e questo accade in le nostre vite e la società nel suo insieme cambiano in modi senza precedenti.” Oggi ho fatto delle ricerche online ed ho trovato questa pagina molto interessante: Plutone in Acquario – Noi, il Popolo.
E vorrei segnalare anche questo video, che riprende gli stessi concetti:Oroscopo speciale: Plutone in Acquario.
Non lo so. Non seguo gli oroscopi, non ci ho mai creduto. Ma più divento vecchio e più la materialità lascia il posto alla spiritualità. E sono estremamente curioso di comprendere, di capire, di interrogarmi.