Ci sono momenti nella vita in cui tutto sembra inutilmente complicato. Sono quelle giornate in cui sento il bisogno di rinchiudermi in me stesso, pensare a me ed al mio benessere. Questo posto aiuta. Questa baita è la mia casa. Argo il mio sostegno morale. Mi osserva, intuisce e capisce che oggi il suo ruolo è quello di cane pastore. Deve controllare il suo gregge, accudire la sua unica pecora.

Dafne è rimasta da me quattro notti. E sono state giornate memorabili. Non vi racconterò i dettagli e cosa ci siamo detti. Men che meno ciò che è successo. Pensate pure ciò che volete, usate la fantasia, scriveteci la sceneggiatura di un film, la trama di un romanzo. Non mi importa. Pensate ciò che volete perché da me non saprete mai nulla, se non che abbiamo vissuto momenti destinati a rimanere indelebili nei miei ricordi. Come delle fotografie incorniciate ed appese alle pareti. Come un ciclo di affreschi in una sala di un vecchio castello. Come dei tatuaggi sulla pelle di un un avambraccio. Ricordi.

Si vive di ricordi, di sensazioni e malinconie. La memoria è il diario che portiamo tutti con noi. Non è un mio pensiero ma una frase che scrisse un tempo Oscar Wilde. Secondo Cicerone la memoria è tesoro e custode di tutte le cose. E questo è vero. Verissimo. Marcel Proust sosteneva che la nostra memoria è una specie di farmacia, di laboratorio chimico, in cui possiamo trovare di tutto, un posto in cui si possono mettere le mani a caso e recuperare ora una droga calmante, ora un veleno pericoloso. Oppure l’aroma di un bel ricordo.

Ecco, di questi giorni trascorsi con Dafne mi rimarranno l’aroma del suo profumo, un sacco di sensazioni, parole e immagini. Ed una splendida foto scattata al tramonto con il sole alle spalle, che ci ritrae vicini e felici.

Ora lei se n’è andata. Così come è arrivata. E la sensazione è che non tornerà mai più. Certe cose accadono solo quando nessuno le cerca. E durano lo spazio di un secondo. Un secondo nel lungo percorso delle nostre vite.  Ci siamo trovati per un secondo. Tanto è durato.

Ed ora rimangono i ricordi di quanto vissuto e di quanto provato. Solo noi sappiamo ciò che c’è stato, le sensazioni provate e quelle che popoleranno i nostri sogni.

E la cosa curiosa è che questa mattina ho acceso la radio. Il silenzio era troppo pesante per le mie orecchie. Fuori era ancora buio e la notte le temperature sono scese sotto zero, per la prima volta quest’autunno. Pioveva.

Ho acceso la radio e trasmetteva una canzone dei Guns & Roses. Una delle più belle.

‘Cause nothin’ lasts forever, even cold November rain.

Perché niente dura per sempre, nemmeno la fredda pioggia di novembre.

E per la prima volta ho sentito il testo. Ne ho colto il significato. Ed ho capito che alcune cose non puoi guidarle, trattenerle o deciderle. Nemmeno e soprattutto i sentimenti.

E virgin radio ha voluto rincarare la dose. Potente. Di morfina, eroina e barbiturici.

fist on my plate, swallowed it down

enmity gauged, united by fear

tried to endure what i could not forgive

saw things

saw things

saw things

saw things

clearer

clearer

once you, were in my rearview mirror

Ho dovuto ingoiare tutto, ostilità calcolata

Uniti dalla paura, ho cercato di sopportare

Quello che non potevo perdonare

Ho visto le cose

Ho visto le cose

Ho visto le cose

Più chiaramente, più chiaramente

Non appena tu sei finita nel mio specchietto retrovisore