“Le tempeste fanno si che gli alberi mettano radici più forti”

Questa l’ho letto la scorsa settimana. Stava scritta con un pennarello sopra l’urinatoio di un un bagno lungo la Orte – Ravenna. Questa sera mi è tornata in mente. Proprio oggi, una giornata dal meteo strano e bizzarro, come solo certe volte in montagna, in primavera, accade.

Ci siamo svegliati con Argo che proprio non ne voleva sapere né di alzarsi né di uscire. Mi guarda storto. A volte penso di capire cosa dice. Poi mi dico di non umanizzarlo. Chissà cosa pensa lui di me. Chissà come mi vede. Chissà.. valli a capire i cani.

Fuori erano 3 gradi e l’aria era a dir poco frizzante. Questo Argo lo aveva intuito e proprio per questo era restio ad uscire. Ritornare in baita è stato strano. Un posto che amo, che sento mio, da quale mi ero allontanato triste e frastornato. Colpevole. Ed innocente. In fuga da me stesso, arrabbiato con quella faccia di merda che mi fissava ogni volta nello specchio. Quanto mi sono odiato. Quanto mi sono punito.

Il momento in cui ho pensato di aver finalmente capito tutto della vita, è stato l’istante in cui ho compreso di non aver davvero imparato nulla. Ma a volte servono le botte e le bastonate. Ma dopo un poco diventano inutili. Dannose. Soprattutto quando sono autoinferte. Il masochismo psicologico lasciamolo agli insani. Io non lo sono. Non particolarmente. Non più di tanti altri.

Comunque, ritornando a noi, stamattina ho bevuto il caffè in piedi davanti alla finestra, guardando il prato ed il bosco. Soffiava un vento davvero forte. Delle raffiche insistenti ed improvvise che piegavano gli alberi e spostavano i rami tutti da una parte. Ad un tratto ho rivisto la frase del pisciatoio. Ed ho pensato che per gli alberi, quella tempesta di vento, era come per un ragazzo allenarsi con i pesi in palestra. Fortificava. Faceva crescere i muscoli. Questa mattina mi piaceva il vento. Anche se forte.

Ed aveva spazzato via tutte le nuvole. Ed il cielo si era dipinto di un azzurro intenso e pulito. Bravo il vento!

La mattina sono sceso in città per un impegno e quando sono rientrato, verso l’una, mi sono preso un diluvio incredibile. Ancora vento, ma questa volta portava nuvoloni neri nerissimi in cielo. E pioggia a catinelle. Ero uscito in felpa con il cielo azzurro. Rientravo in baita sotto una pioggia scrosciante ed un freddo invernale.

Finito di pranzare – una bistecca alla piastra di una bontà memorabile!, accompagnata da un rosso abruzzese altrettanto pregievole, se non per la leggera ubriacatura che mi ha abbandonato solo nel tardo pomeriggio – il cielo era tornato azzurro. Con un sole caldo a riscaldare il bosco e gli animi. Il mio in particolare.

Sono uscito nel bosco ed ho fotografato il fiore della foto.  Mi piacevano questi piccoli fiorellini. I loro semi avevano superato l’inverno, pronti a germogliare al primo solo, sciolta la neve gelata.

Ho pensato che le giornate sono come la vita. Mica può esserci sempre il sole. Mica può andare sempre tutto bene. A volte gli episodi negativi sono quelli più importanti, perchè se si superano, ci si ritrova più forti. Come gli alberi dopo la tempesta. Come i semi dei fiorellini dopo l’inverno.

Ed ho pensato che tanto i temporali e le stagioni non si controllano, ma si superano.

Ora sono qui. Forse ancora ubriaco (quel montepulciano abruzzese è praticamete un killer) dopo il terzo calice di vino, fuori è buio, ai miei piedi dorme Argo, un’altra giornata è passata ed io sto meglio.

La maturità è imparare ad allontanarsi dalle persone e dalle situazioni che minacciano la tranquillità, il rispetto di sé, i valori, la morale e l’autostima. A volte una bottiglia di vino aiuta a sentirsi più maturi.