Oggi rubo. Anzi, prendo in prestito, e restituisco pubblicamente qui, l’immagine del post, che è un’opera di Bansky ed il titolo del post, che dovrebbe essere un’affermazione di Nietzsche.

Ieri ho pensato molto rientrando da un impegno a Siena. Ero in autostrada e, come sempre, al bivio dopo Firenze ho tenuto la sinistra, imboccando la Panoramica, anziché la Direttissima. Tutti prendono la direttissima, preferendo incanalarsi in code ai cento all’ora, tra le auto ed i TIR, in lunghe gallerie in cui non prendono telefoni e radio, solo per risparmiare qualche minuto. Io preferisco godermi la Panoramica. In solitaria. Il bivio, per chi percorre l’A1 tra Bologna e Firenze in entrambe le direzioni, tanto verso nord che verso sud, mi arriva sempre come un momento di grande godimento. Il navigatore consiglia sempre la Direttissima, questa meravigliosa opera dell’ingegno, la variante di valico che è praticamente una lunga chilometrica galleria costantemente vigilata dal tutor. Mai una volta che, almeno una volta, ne basterebbe solo una!, il navigatore mi dicesse di imboccare la vecchia Panoramica. Mai una volta. Con auto diverse, in tempi diversi, sempre in galleria mi porterebbe. Ed io, invece, nato bastian contrario, provo un senso di ribelle piacere nel prendere verso sinistra la Panoramica, con il navigatore che non comprende la scelta, avvisa, sbraita, segnala, prova a correggere fino all’ultimo ma poi, rassegnato, ricalcola il percorso.  Ma il vero godimento, è che sono sempre il solo ed unico ad imboccare la strada che sale tra i monti tosco emiliani, quando il gregge si infila nelle gallerie.

La Panoramica sa di antico, di scampagnata, di eroici viaggiatori solitari, di gente che non ha fretta, che si gode le curve e vive la sua vita. In alto, tra i boschi corre la Via degli Dei, il cammino che unisce Bologna a Firenze. La Panoramica permette perdere del tempo ma di guadagnare una ventina di minuti di vera vita. Si percorre una strada deserta, tutta per noi, da soli, con delle curve che si fanno pennellare, con attorno un paesaggio verde, boscoso e selvaggio. Rispetto alla Direttissima, si ritarda di circa 20 minuti, così dice il navigatore, l’arrivo al ricongiungimento. Ma sono minuti di vita, di godimento. Sono minuti guadagnati, non persi. A volte non sono nemmeno 20, qualche volta il navigatore riporta un tempo di percorrenza di soli 10 minuti. Alla fine, pure i navigatori, hanno bisogno di inventarsi delle risposte che non sanno.

E ieri, tra nuvoloni grigi, scrosci improvvisi di pioggia, raggi di sole temerari come laser tra le nuvole, percorrendo il tratto forse più bello dell’intero tratto autostradale italiano, tutto solo nella mia auto, cantavo, con le gocce sul tetto in vetro che scappavano all’indietro. Ed  ho pensato ai bivi. A quelli stradali e quelli della vita. Ai bivi di tutti i giorni. Perchè si è costantemente costretti a scegliere.

Ho pensato a Roncobilaccio, al suo autogrill dimenticato. Ed ho pensato a come ci si sente quando si è in alto, o si crede di esserlo, al sicuro, e poi ci si ritrova in basso. Per colpa nostra, ma non sempre. Ho provato un senso di comunanza e tenerezza per Roncobilaccio e Pian del Voglio, perchè pure io un tempo stavo bene, e poi sono finito dimenticato.

Ed una parola mi è venuta in mente: autenticità.

Perchè si dovrebbe sempre essere autentici. Veri. Sinceri, con noi stessi. Questo conta. Questo è il segreto.

Essere autentici è una maledizione. Ma riuscire ad esserlo davvero è un privilegio che dona saggezza, spensieratezza e felicità. Spensieratezza nel vero senso della parola: pochi pensieri. Si è ciò che si è. Come diceva Nietzsche si diventa davvero ciò che si è.

Essere autentici è pure molto difficile. Non tutti sono pronti. Forse nessuno è davvero preparato. Si diventa solo, per costrizione, quando accade un disastro, una crisi. Una di quelle tanto amate dai nostri governanti europei, le famigerate distruzioni creative. Servono le macerie per poter ricostruire. Stronzata. Serve il cambiamento, che dovrebbe essere evoluzione e miglioramento.

Essere autentici significa essere sé stessi, conoscere, ammettere, capire, accettare la nostra parte più vera e nascosta. Perchè tutti vogliamo essere amati, ammirati, accettati. E per farlo siamo tutti abituati a fingere. Una grande recita che può durare anni, vite intere. Si vivono vite degli altri, che ci imponiamo perchè sono quelle che gli altri vogliono. Che è assolutamente falso. Siamo noi che le vogliamo vivere, perchè è più semplice e, in apparenza, sembrerebbe tutto bello e perfetto. Chi di noi non vuole essere bello, bravo e buono? Chi di noi preferirebbe essere additato come stronzo, antipatico, asociale, magari solo perchè sincero, diretto e genuino?

Ma, dentro di noi, chi siamo? Ci conosciamo davvero? Certo che ci si conosce. Ma è talmente difficile ammettere di non essere quelli belli, buoni, bravi e perfetti. Perchè siamo inevitabilmente sempre a paragonarci agli altri. Dobbiamo avere certezze e ci servono delle misure. Serve tanto coraggio per guardasi dentro ed ammettere di essere, pure, anche difettati. Perchè la perfezione non esiste. Ed è un obiettivo che non merita di essere nemmeno pensato. Viva i difetti. Che sono quelli che ci rendono unici.

Io sono difettato. Non sono bello, né bravo, né buono. Ci provo. Mi sforzo. Questa è la realtà. Ora l’ho capito e ne sono pienamente consapevole. Nel mio piccolo, cerco solo di non fare del male agli altri e, se possibile, di essere utile, di aiutare e di fare del bene. Qualsiasi cosa ciò voglia dire.

Essere autentici è difficile. Molto. E raro. Significa non nascondersi più. Significa rompere gli schemi, scardinare la nostra immagine, aprire le barre come il leopardo di Banski ed incamminarsi, fieri, autentici, per la propria strada. Finalmente.

Ma è costoso, molto. Si perdono amici, relazioni, matrimoni. Si perdono le maschere. Si lascia il ruolo che la maggior parte di noi interpreta come in una lunga serie alla Beautiful. Mille puntate alla Ridge Forrester. Sempre uguali. Sempre finte. Un sacco di spettatori, di attese ed aspettative. E noi, sempre sul pezzo, sempre a rincorrere la perfezione, quella attesa dagli altri. Che errore.

L’autenticità, nel momento in cui la si scopre, è dapprima dolorosa, quindi diventa meravigliosa e salvifica. Niente più schermi, finzioni e bugie. Solo noi stessi. Una grande e poderosa armonia con noi stessi, che dona consapevolezza, forza ed energia. E, ne sono certo, l’energia si vede e si trasmette all’esterno. E le persone la vedono. E ci cercano. E scopriremo che lo fanno perchè vedono la nostra luce, il faro dell’autenticità. Possiamo essere davvero noi stessi, senza sforzarsi di dover sempre piacere a tutti, senza pianificare o creare strategie idiote per soddisfare le aspettative degli altri. E questo ci fortifica. Si diventa veri e sicuri di sé. Niente più giudizi. Basta essere critici verso sé stessi, che a volte si finisce per essere il nostro peggior nemico. E niente più attenzione verso i giudizi altrui. Che cazzo ce ne frega. Pensino di noi ciò che vogliono.

Si finisce per prendere in mano la propria vita. Finalmente. In un libro una volta ho letto questo, me lo sono appuntato, anche se non ricordo né il libro e nemmeno chi l’ha detto: “Le grandi menti parlano di idee, le menti mediocri di fatti, le menti più piccole di persone”. Quando si parla delle persone si emettono giudizi. Quando si parla di idee si sogna.

Alla fine bisogna semplicemente essere onesti con sé stessi, e coraggiosi, perchè si deve decidere di fare davvero le cose che ci piacciono e non quelle che gli altri di dicono dovrebbero piacerti. Diffidate dai manipolatori mentali. Diffidate da quelli che esordiscono dicendo “Se fossi in te io…”. No caro. Parla dimmi. Ma io farò sempre e comunque ciò che vorrò. Quando si acquista questa consapevolezza, tutto diventa più semplice. E’ come se tutto prendesse senso, come se finalmente la vita ci fosse chiara, semplicemente perchè si diventa menefreghisti, ci si comporta come si ritiene meglio per noi, senza maschere e senza compromessi. Unica accortezza, quella si, mai perdere la gentilezza ed il rispetto per gli altri. E’ difficile scoprire, ammettere ed accettare di essere davvero chi siamo. Perchè quasi sempre le maschere le mettiamo noi, quando ci guardiamo allo specchio ogni giorno. Non bisogna aver paura di gettare quella maschera e di scoprire chi siamo. Se cade la maschera si vede l’uomo, o la donna, che siamo davvero.

Ma non è per nulla semplice imparare a conoscersi profondamente e, soprattutto, a rispettare la nostra vera essenza. Che poi corrisponde all’essere fedeli a sè stessi, veri. Significa aver capito l’essenza della nostra anima, aver trovato la nostra armonia, come diceva Eraclito. Ma ne parleremo ancora.

Ora chiudo con le mie solite citazioni. Questa è di Frida Kahlo. Riassume il post, come auspicio per tutti.

Tanto assurdo e fugace è il nostro passaggio su questo mondo che l’unica cosa che mi rasserena è la consapevolezza di essere stata autentica, di essere la persona più somigliante a me stessa che avrei potuto immaginare.