Ho lasciato l’isola davvero a malincuore. Anzi, forse il cuore ce l’ho lasciato davvero. Tre cose mi rendevano meno triste la partenza: la certezza che qualche altra settimana sull’isola, in futuro, sicuramente la trascorrerò di nuovo; la gioia di riabbracciare chi ho lasciato a casa, incluso Argo; l’emozione e la curiosità per il viaggio di ritorno.
Quando si è chiuso il portellone del traghetto ho scattato la foto in copertina. Sapevo che avrei ripercorso i balcani in senso opposto, questa volta da sud a nord, ma ancora ignoravo il percorso. L’idea era quella di stare all’interno, rispetto all’andata, passando per Macedonia e Kosovo. Dopo due ore di viaggio sono sbarcato al Pireo, il porto di Atene. Una confusione ed un traffico incredibile. Ed un caldo pazzesco. Mi sono fermato in una viuzza del porto, all’ombra, ad impostare il navigatore. Benedetto Garmin ed il suo “Adventurous Routing”. Chissà dove mi avrebbe portato evitando espressamente pedaggi ed autostrade. Mi sono quindi avviato verso nord, direzione Salonicco, con meta Skopje, in Macedonia, ben sapendo che difficilmente ci sarei arrivato entro sera.
Le montagne a nord di Atene, già viste all’andata, sono totalmente brulle e bruciate dal fuoco. Non ho idea di quando siano gli incendi, ma si passa per chilometri e chilometri di colline nere, di alberi secchi anneriti e di ruderi di abitazioni devastate dalle fiamme. La strada era scorrevole e divertente, a parte il caldo incredibile, nonostante fosse già il pomeriggio inoltrato. Ho viaggiato fino a sera attraverso le montagne e le pianure della Grecia continentale, mai mi sarei immaginato dei campi così sterminati e dei trattori così enormi lungo la strada. Ma che caldo!
Mi sono fermato in un posto chiamato Loutra Ypatis, un piccolo paesino con una concentrazione di alberghi che farebbe concorrenza alla riviera Romagnola. Ho trovato da dormire in un piccolo hotel che mi ha catapultato indietro negli anni 60. Sembrava di essere in un film americano ai tempi dell’apollo 11. Ero l’unico cliente e la signora che gestiva tutto è stata di una simpatia disarmante. Ho scoperto che la cittadina è da sempre una “rinomata e famosa” città termale greca. A proposito di terme, la doccia con la tendina di nylon trasparente in stile Psyco mi rimarrà per sempre nei ricordi. Cena ottima con amico gatto nero che mi chiamava allungando la zampa. Il giorno successivo, dopo una colazione anch’essa in perfetto stile anni ’60, sono risalito in sella in direzione Skopje, capitale della Macedonia. Un lungo viaggio su strade deserte senza incrociare anima viva.
Sono entrato nel paese dalla frontiera a Bitola, subito dopo Niki, in cui mi sono fermato a bere, pisciare e fotografare le cicogne sul tetto del campanile.
In Macedonia, perlomeno nelle zone in cui sono transitato, ho scoperto che se non si percorrono le autostrade, le restanti strade sono pura avventura. Ho percorso centinaia di chilometri su strade piene di buche, veri e propri crateri, con la vegetazione che arrivava fino al centro della carreggiata, con parecchi punti in cui l’asfalto lasciava il posto a sterrati piuttosto impegnativi. Ad un tratto, il navigatore mi ha portato su un percorso che alla fine, dopo circa mezz’ora di sterrato sempre più stretto diventava una mulattiera per poi ridursi ad un sentiero da percorrere a piedi. Ho capito che il navigatore non era affidabile. Ho fermato la moto e mi sono guardato attorno. Non ho idea di dove fossi. tutto attorno erano solo boschi e sulla collina vicina si intravvedevano tra gli alberi le rovine di un villaggio in sassi e di una chiesa. Ho pensato alla guerra del 2001. Non c’era nessuno. Con almeno 10 manovre avanti e indietro sono riuscito a girare la moto ed a riprendere la strada appena percorsa. Il navigatore, che avrebbe dovuto portarmi a Skopje, indicava solo il percorso errato. Ho guardato il sole e tenendolo sulla sinistra mi sono avventurato, alla cieca, verso nord. Ad ogni bivio un dubbio, con il navigatore che continuava a riprogrammare il percorso senza trovarne uno valido. Dopo circa un’ora su strade sterrate tutte buche, senza incrociare nessuno, senza vedere alcuna abitazione, se non ruderi diroccati sommersi dagli arbusti, sono arrivato ad una strada senza uscita, che terminava però in una sorta di albergo. Ho fermato una coppia di signori a bordo di una vecchia ford cougar ed ho chiesto loro le indicazioni per Skopje. Lui non capiva l’inglese, mentre lei, che mi avrebbe facilmente stracciato in una gara di strafalcioni, mi ha detto sorridente di seguirli, che sarebbero andati proprio in quella direzione. Li ho quindi seguiti su una strada disastrata, tutta buche, con il tipo che guidava come un pazzo sollevando un polverone incredibile. Non ci sarei mai riuscito ad uscire da quei boschi, ma infine siamo arrivati ad un paesetto. Mi hanno indicato i cartelli di Skopje, detto buon viaggio e raccomandato di andare sempre dritto. Detto fatto. La sera sono giunto nella capitale Macedone che si è rivelata una bellissima sorpresa.
Dopo una splendida serata nel centro storico di Skopje (sicuramente da rivedere con calma in futuro) ed una gran dormita, la mattina successiva mi sono rimesso in sella, direzione Pristina e quindi Sarajevo. Ho percorso strade incredibili, attraversando la Serbia ed entrando poi in Bosnia-Erzegovina. A parte il caldo incredibile, costantemente attorno ai 36°, il viaggio è stato splendido.
Sarajevo la ricordavo bene, già visitata in passato; rimane anch’essa una città bellissima. Affascinante come tutti i balcani.
Stavo terminando il mio viaggio di ritorno, tutto bene, tanto caldo e piuttosto stanco. Ma estremamente felice. Il giorno dopo tappa da Sarajevo a Zagabria, altra splendida sorpresa.
A quel punto, il giorno successivo, sono rientrato in Italia da Gorizia e poi, dopo una sosta in Veneto, eccomi mestamente a casa.
Tra andata e ritorno ho percorso quasi 6.000 km. E’ stata un’esperienza incredibile, come solo viaggiare in moto in solitaria in paesi sconosciuti può essere. Ho scoperto di stare molto bene in mia compagnia. Ho capito tante cose, mi sono fatto mille domande alle quali ho trovato almeno 10.000 possibili risposte. Ho soprattutto ritrovato me stesso. Mi sono messo in pace con in mondo dopo aver trovato la pace dentro di me. Ho avuto conferma che viaggiare in moto è ciò che vorrei sempre fare.
Merita una foto, la mia prode compagna. Ora riposa, pronta a ripartire.