La volta scorsa ho scritto di solitudine e della bellezza di starsene da soli, in pace, con il cane, a volte pure con la gatta, quando la regina si degna di unirsi a noi. Del piacere grande che si prova ad immergersi in silenzio nella lettura di un buon libro.

L’altra notte ha nevicato, poco. Una leggera spruzzata di neve, che in poche ore, con l’arrivo del sole, è sparita in fretta. Il bianco ricopriva il prato ed i rami degli alberi. Stamattina ho ricevuto due telefonate, da amici che mi chiedevano quanta neve era venuta e che provavano ad invitarmi a trascorrere una serata in città. “Ma che ci fai tutto il tempo lassù da solo? Ma non ti annoi?” Ossignor. No che non mi annoio. E qui ci sto davvero molto bene. Il vuoto ed il silenzio aiutano a pensare. Sono in questa fase beata in cui il minimalismo dell’esistenza ha colmato tutti gli spazi. Non ho vuoti da colmare. Sto bene. Ho affianco chi desidero avere vicino. Non mi serve una costante presenza fisica, mi basta sapere che ci sono. Non ho bisogno di nessuno, mi basto da solo. La gran parte di chi ascolta o legge una frase così mi giudicherà come egoista. Fatelo pure, siete voi che non avete compreso il concetto. E nemmeno me.

Quanto lascio il mio piccolo adorato mondo isolato e mi inoltro nell’altro mondo, quello “moderno, civilizzato, tecnologico, pieno di gente, di offerte e di servizi” provo un senso di smarrimento ed angoscia. Rivedo i paragrafi dei libri distopici. Mi sento a disagio e con tutti i sensi in allarme. Provo il desiderio di ritornare al più presto a casa, tra i boschi, nei monti. Mi sento diverso, perchè non la penso come gli altri. Accade spesso, forse da sempre. E faccio fatica a comprendere le persone, le loro idee, i loro bisogni ed i loro comportamenti, diametralmente opposti dai miei. La mia vita isolata mi ha permesso di comprendere come gran parte dei bisogni che abbiamo sono creati ed indotti dal tipo di vita che vogliamo vivere. La civiltà moderna ci spinge al tutto e subito, all’acquisto impulsivo e compulsivo, all’invidia ed al confronto con gli altri. Per avere, per apparire. Non per essere. Qui da me conta l’essere. Non mi importa cosa possiedi, cosa acquisti e cosa spendi. Non mi importa se il tuo piumino è marchiato Monclear o Colmar. Non sei più bello e più intelligente se ti comporti osteggiando un benessere materiale che, solitamente, è inversamente proporzionale a quello spirituale. Chi sta bene con sè stesso, chi ha trovato lo scopo e le motivazioni della propria esistenza, non ha bisogno di dimostrare nulla a nessuno. Al contrario, vuole apparire come è. Nudo e crudo. Senza orpelli. Senza aggiunte ed accessori inutili. Non c’è bisogno dell’auto nuova da novanta mila euro. Non c’è bisogno di indossare capi firmati. Non c’è bisogno di osteggiare sui social una vita finta, una scopiazzata delle vite felici degli altri. Soprattutto, non c’è bisogno di apparire quando si è davvero veri.

Apparire significa farsi vedere, presentarsi allo sguardo, e può avere come soggetto sia una persona sia una cosa ; viene spesso usato per indicare una visione propria di un sogno o soprannaturale. In altri casi, apparire significa sembrare, e si usa soprattutto quando si vuole fare notare la contrapposizione tra ciò che sembra e ciò che davvero è. Questa definizione l’ho presa dalla Treccani.

In definitiva, no, non ho alcuna intenzione di scendere e ritornare nell’altro mondo. Non ci sarà alcuna mia apparizione. E quando qualcuno mi dice “ma dove sei sparito?”, beh, forse mi sta facendo involontariamente uno splendido complimento. Adoro le persone, ma da lontano. In generale, la gente è sopravvalutata. Meglio la solitudine