Si, si, lo so, ma non è un errore. Il momento è proprio struggente, non sfuggente. Anche se qualcosa mi sfugge. E se sfugge, oggi, strugge.

struggènte agg. [part. pres. di struggere]. – Detto di sentimento, passione e sim., che è intenso, tormentoso e dolce nello stesso tempo: una s. nostalgiarimpiantodesiderio struggente

E’ passata una settimana e mi ritrovo con un pensiero fisso su quanto accaduto e non mi capacito. Ho sognato? è stato reale? Da dove spunta il sacchetto con le erbe per le tisane ed il bigliettino? Dove diavolo è la baita?

Forse la vita dell’orso solitario inizia ad avere degli strani effetti. Magari è la solitudine. Magari non sono fatto per stare da solo, probabilmente è un segnale della mia mente, che mi dice che è ora di cambiare, di dare una svolta. Di mettermi in posizione per cogliere le opportunità che sicuramente arriveranno.

Quante stronzate.

Le stavo pensando e mi sono reso conto di aver voglia di bere una tisana. Non un thè. No. Volevo proprio la tisana del sacchettino magico. Del reliquiario.

Dopo qualche minuto ero seduto all’esterno, con la mia fida tazza blu notte in ceramica made in england. La potora era pure buona. Saporita per essere una tisana. Mi stavo chiedendo se fosse allucinogena, tipo i magic mushrooms, o il thé alla marijuana che preparava Grace agli arzilli vecchietti. Se lo fosse stato, avrei trovato una spiegazione. Magari avevo raccolto io stesso le erbe, sostanze psicoattive trovate nel bosco. Me le ero bevute ed ecco che il mio cervello era andato in pappa. Magari ho semplicemente avuto delle gran allucinazioni. Non c’è mai stato alcun giro in bici, nessuna caduta, nessun soccorso da una splendida cerbiatta dei boschi travestita da essere umano.

Argo mi guardava perplesso. – No Argo, non parlo con te. Sto parlando da solo. 

Non so quanto tempo ho trascorso seduto fuori con la mia tazza blu notte in mano. La notte era arrivata davvero. Forse dovrei rientrare. La valle era buia, il bosco nero stava allargando la sua ombra scura sui prati e sui pendii. Ancora un attimo, poi entro.

Ed è arrivata lei. Spuntata dal nulla. Era lì, in piedi a pochi metri da me. Mi guardava e sorrideva. Era di una bellezza sorprendente. Due occhi neri, due perle di ebano, che mi guardavano e sembravano in grado di leggermi l’anima. Due sopracciglia folte, nere, scure, che rendevano quel viso particolare, come disegnato da un grande artista. Le labbra accese, di un rosa scuro come se avesse avuto il rossetto, incorniciavano un sorriso splendido. Era davvero bellissima. Mi trasmetteva qualcosa. Lo sentivo.

Ero inebetito. Non riuscivo a parlare.

– Ciao, sono venuta a vedere come stavi.

Ancora silenzio. Un cretino. Solo il cuore era un tamburo rumoroso.

Si era avvicinata. Aveva allungato le braccia, le dita lunghe, magre ed affusolate, con le unghie colorate di rosa tenue. Sempre più vicine. A pochi centimetri dal mio viso.

Ho chiuso gli occhi. Per non vedere. Una carezza leggera. Dolce come una piuma sospesa dal vento della sera. Ma ho sentito un brivido. Un brivido di piacere quando le sue dita hanno sfiorato la mia guancia barbuta.

Sempre più vicina. Potevo sentire il suo profumo. Di aria, di bosco, di campo fiorito. Ho riaperto gli occhi. Era a pochi centimetri dal mio viso. Naso contro naso.Le ho visto l’anima. Ci ho visto la mia vita dentro quegli occhi. Ho visto dove vorrei andare. Con lei. Assieme. Potrei fare di tutto.

Non ho idea di quanto tempo sia durato. Mi aspettavo un bacio, già la mia bocca si preparava, le labbra in avanti, la bocca socchiusa, volevo sentirla. Volevo un contatto diverso.

Ed invece il bacio è arrivato. Ma sulla fronte. Si. Mi ha baciato sulla fronte. Lasciandomi li inebetito, incapace di parlare, di reagire e di muovermi.

Un piccolo bacio furtivo e leggero. Sulla fronte. Con le mani appoggiate sulle mie spalle. Mhmm. Ancora quel profumo. Avevo il suo collo ed il suo seno a pochi centimetri. Un vestito rosa. Una maglietta del colore delle sue labbra.

E poi mi ha scompigliato i capelli con le sue mani. Splendide. Avrei voluto prenderle, sfiorarle, toccarle. Sentire di cosa era fatta. Non era carne. Era polvere di stelle e di bosco.

Devo dirle qualcosa. Devo reagire. Devo chiederle un sacco di cose.

Mi sono svegliato che era buio pesto. Argo si era messo a dormire davanti alla porta.

Ero solo. La tazza made in england stretta nelle mie mani, appoggiata sulla pancia. Era vuota. Stavo bene. Ero innamorato. Ma ero solo. Lei non c’era. Non c’era più. Forse non c’era nemmeno mai stata. Ma avevo addosso il suo profumo. Era nell’aria. Era sui miei vestiti. Lo sentivo addosso. Sulla barba, sui capelli.

Avrei dovuto smettere di bere quella tisana.

Avrei dovuto iniziare a cercare la mia anima gemella, se davvero esistesse. Ma è bello sognare. Abbiamo bisogno di sognare. Di fantasticare. Di scrivere storie fantastiche. Di provare a farle divenire realtà.

– Vieni Argo. Andiamo a dormire. Perchè la notte porta sogni. E sono certo che questa notte la ritroverò. In attesa che il destino possa farmela reincontrare in carne ed ossa. Ma ci sono più possibilità di vincere al superenalotto con un biglietto trovato sul marciapiede che di trovare davvero la donna dei propri sogni.

Ora sono a letto. Ho gli occhi chiusi. Sento il suo profumo. La vedo davanti a me. Vieni Sandman, spargi la tua polvere magica sui mie occhi, fammi stare vicino a lei almeno nei sogni. Perchè senza di lei credo di impazzire.