Ricordo ancora la prima notte passata qui. Era il 7 giugno dello scorso anno. Un venerdì. Si era ancora in piena pandemia. Dopo una giornata dal clima estivo, la sera era venuto giù il diluvio, che era proseguito per quasi tutta la notte con tuoni e lampi.
Ero arrivato la mattina presto. Non era ancora sorto il il sole che già avevo chiuso la casa in città, caricato in auto la spesa di fresco per almeno 3/4 giorni, fatto salire Argo – che pensava di andare a fare finalmente una gita all’aria aperta – ed ero salito in montagna. Da noi, in Trentino, si dice andare in città o andare in montagna. Città è sinonimo di Trento. Con montagna si indica tutto il resto del territorio. A volte si dice pure vado al lago, ma questo è un altro discorso.
Era da un anno che lavoravo alla casa, la pandemia non aveva fatto altro che accelerare il progetto. Mi dicevano che sarei durato poco, che la seconda casa finiva sempre per essere solo fonte di spesa e di lavori, che uno abituato in città avrebbe resistito poco. Non sapevano che volevo andarmene da loro. Avrei fatto qualsiasi cosa per allontanarmi da tutti questi esperti, tuttologi e impiccioni. Sempre pronti a dirti cosa fare, ma senza voler dare consigli… ma allora che parli? chi ti ha chiesto qualcosa?
La pandemia aveva cambiato le carte in tavola. Tra essere prigioniero in casa, in città, preferivo essere libero in montagna, dove non c’era probabilmente bisogno di mascherine, di distanziamento, di gel per le mani. In effetti, a volte – specie in certi periodi dell’anno – passano giorni e giorni prima di incrociare un’altra persona. Qui ci sono più animali che umani. Ed è splendido.
Nel corso del 2019 avevo lavorato sodo per sistemare la casa. Mi avevano “fatto fuori” al lavoro ma era costato loro molto caro. Quando arrivano i fondi d’investimento a comprare le aziende le persone diventano numeri. E contano solo quelli. Alla fine una sconfitta morale – non servivo più, ero costoso ed inutile, probabilmente ai loro occhi incapace di portare avanti con successo quel loro progetto, o magari, solo scomodo per ciò che avevo detto e per come mi ero posto – mi aveva fatto capire tante cose. E mi aveva riempito il conto corrente. E mi aveva aperto gli occhi e fatto vedere nuovi orizzonti. Non avevo alcuna intenzione di buttarmi nel lavoro e di tornare a fare il libero professionista a tempo pieno. Avevo voglia di cambiare, di ripensare la mia vita. Di dedicarmi ad un mio progetto. Se volevo buttare le energie sarebbe stato per me e non nel progetto di qualcun altro arrivato da Milano con arroganza tipicamente bocconiana.
Avevo iniziato a sfogliare annunci di case, rustici e terreni in montagna. Come sempre accade, l’occasione era arrivata presto. Quando si conosce la via, è difficile perdersi. Quando si sa cosa cercare è altrettanto facile trovarlo. Dieci giorni dopo la telefonata eravamo dal notaio ed ero diventato proprietario di una stalla con fienile, pascolo, bosco e torrente. Figata.
Avevo acquistato un terreno, in parte prato ed in parte boschivo, con in mezzo una stalla con fienile, costruita nella tipica architettura di montagna. Era circondata da un grandissimo prato pianeggiante, una sorta di radura nel bosco. A piano terra la vecchia stalla era costruita in sassi, mentre il piano superiore – in origine accessibile solo dalla grande porta sul retro, visto che in quel punto il terreno era in salita – era di grandi e grossi tronchi.
I permessi di ristrutturazione mi avevano permesso di costruire un grande locale sotto casa, ora adibito a garage e cantina, di ricostruire il piano terra utilizzando i vecchi sassi e di edificare il primo piano interamente in legno. Guardandola ora era stata ricostruita esattamente come prima, con le stesse dimensioni e la stessa struttura di sassi e legno. Ero riuscito però ad allargare le finestre, a creare un poggiolo al piano superiore ed a costruire una scala interna. Erano circa 60 metri quadri per piano, con lo spazio per un piccolo soppalco di altri 15 metri quadri.
La casa, oltre al terreno di circa 10.000 mq su cui era costruita, comprendeva anche circa 12.000 metri quadri di bosco, piuttosto impervio che scendevano in una piccola valletta in cui scorreva il torrente.
Nei prossimi post vi racconterò di me. Della casa. Della mia vita. Non ci saranno foto, non ci saranno descrizioni compromettenti. Non verrete mai a sapere chi sono e dove sono. Mi sono isolato per stare in pace. Rispettatela.