Questa notte ho dormito poco. Argo era in agitazione dalla sera e non ne capivo le ragioni. Tutto mi si è chiarito nel corso della notte. Erano due le ragioni: un secondo incontro particolare e i cervi.

Andiamo a ritroso, partendo dal più recente. Questa notte nel bosco c’erano i cervi che bramivano. Non so se qualcuno di voi abbia mai avuto l’occasione o il privilegio di sentire il bramito dei cervi. Un suono strano, come di un animale morente. Molto simile al muggire di una mucca. Un lamento, più che una dimostrazione d’amore e di potenza.

Argo probabilmente li aveva sentiti già dalla sera. E ad ogni bramito, nel corso della notte, scattava in piedi e si spostava inquieto. Con le sue zampette stile ballerina sul pavimento di legno.. tic tic tic..bramito… e zampette… bramito e zampette… mi sembrava di sentire solo zampette e bramiti. Ed ogni volta cambiavo lato, girandomi e rigirandomi nel piumone.

Ma vabbè. Nemmeno mi sono affacciato alla finestra per cercare di vederli. I cervi sembravano lontani. Sicuramente oltre il bosco. In testa avevo altri pensieri. Pure io ero inquieto. Ma per altre ragioni. Che un fine pensatore potrebbe magari associare al problema dei cervi.

Ieri pomeriggio era in casa a caricare la stufa. Ormai le temperature, specialmente quando tramonta il sole, sono in lento e costante calo. Senza il calore della stufa, anche accesa al minimo, che faccio partire nel tardo pomeriggio, di notte si gelerebbe. Altro che maglioni di lana e piumini. La notte in montagna è freddo. Ma è molto bello, se hai da scaldarti.

Ad un tratto alla portafinestra si affacciano due musi; Argo ed il cane di Angela. Stavano fuori, con entrambi i nasi spiaccicati sul vetro, con l’alone di umidità sul vetro, che mi osservavano scodinzolando, come se volessero avvisarmi dell’imminente arrivo della padrona. Un tuffo al cuore.

Ho cercato di mantenere l’aplomb di uno 007 e la calma di un monaco tibetano di giallo vestito mentre uscivo dalla baita. In effetti Angela era in arrivo lungo il sentiero, allegra e sorridente, che mi salutava alzando il braccio sinistro. I cani le correvano incontro lungo il prato. Ma quanto era bella e solare.

“Ciao, non serviva che me la riportassi subito” le dissi, convinto che la sua passeggiata fosse dovuta alla riconsegna della pila che le avevo lasciato ieri sera.

“Ciao” – rispose con il fiato un po’ corto – “riportare cosa?”

Ossignor, andiamo bene, qui c’è qualcuno che mi potrebbe battere in una competizione di pensieri tra le nuvole.

“Ohh, nulla, non importa, intendevo che… pensavo fossi venuta apposta per riconsegnarmi la pila. Ma non è un problema, ne ho altre” – ma quanto si è idioti a volte. Ma che razza di risposta avevo dato?

“Hai ragione, scusa. Sono sempre sbadata. E pensare che l’avevo pure lasciata in vista, e l’idea era proprio quella di passare da qui per riportartela. In realtà volevo fare una passeggiata con Cleo. Poi mi sono detta: passiamo a trovarlo”. Cleo. Ecco il nome del cane.

“Bhe, sei puntuale per il the delle cinque. Fermati dai, ti offro qualcosa.”

“Guarda, un bicchier d’acqua lo prendo volentieri. Ti ringrazio.”

E così, per il secondo pomeriggio consecutivo, ho trascorso un paio d’ore a chiacchierare con una delle più belle e bizzarre persone che abbia mai conosciuto.

Mi sono seduto a cavalcioni della panca per averla bella di fronte. Per ammirarmela tutta. Per tuffarmi nei suoi occhi e guardarmela per bene. Ieri, tutti i discorsi, mi avevano fatto perdere i particolari. Sono sempre attento ai dettagli ed ai particolari. In realtà, le ore trascorse assieme le abbiamo passate quasi esclusivamente guardandoci negli occhi. E questo è strano. Non mi era mai successo di parlare con qualcuno per ore non staccando quasi mai lo sguardo. Ogni tanto, comunque, lo facevo di proposito, fingendo di esser attratto da qualcosa all’esterno. E lei lo notava. Sempre.

Abbiamo parlato di un sacco di cose, soprattutto delle sue esperienze e della sua vita. Sono rimasto incantato, come accaduto ieri. Forse pure più di ieri. Alcune cose che ha fatto nel corso degli anni mi hanno meravigliato, stordito e mandato in confusione. Provo un’immensa attrazione nei suoi confronti, temo non ricambiata. Anzi, ne ho la certezza, visto che nel discorso è uscito chiaramente che non cerca nulla da me e non accadrà nulla tra di noi. Mi ha fatto male. Sul momento. Un pugno nello stomaco del tutto inaspettato. Soprattutto perché non avevo mai pensato che potesse accadere qualcosa tra di noi. Non che non lo voglia da pazzi, ma, semplicemente, non ero ancora arrivato a certi pensieri. I pensieri che sono invece arrivati, impetuosi, la sera, con la tempesta di congetture che è durata tutta la notte.

Bramiti, zampette e pensieri. Mi giro. Mi rigiro.

Mi sono reso conto che certe persone ci sono affini. Alcune sono in grado di darci delle emozioni incredibili. Probabilmente senza volerlo. Ed è questo il bello ed il triste della faccenda. Un cervo può bramire come un forsennato tutta la notte, ma se la cerva non se lo fila, bhe.. si sarà consumato invano. In amore, se corrisposto, ho sempre creduto valesse la regola del 50 e 50. Anche se, a mio avviso, esiste anche la regola del 50 e 0. Sono andato a cercarmi la definizione di amore. La treccani recita: amare significa provare e dimostrare amore per qualcuno, nelle varie sfumature che può avere il sentimento dell’amore: come sentimento puramente religioso e spirituale (chi ha fede ama […] la ama ancora appassionatamente). Quindi ho trovato conferma. Uno può amare, senza essere corrisposto. E diventa fede. Ma come si può aver fede per un’altra persona. Che senso ha? L’amore tra le persone deve essere corrisposto. Non ci sono altre vie. Forse la questione è che, magari, la risposta venga da altre persone, non direttamente da quella che senti di amare. Boh. Non so. Devo pensarci ancora. In ogni caso sarebbe una delusione.

Questa notte i pensieri sono stati molti. Il tema era sempre lo stesso. Non sono innamorato. Ma sono irresistibilmente attratto da lei. Sapere di essere il solo a provare questo mi rattrista. Mi fa male dentro. Ma è assurdo. Perché non c’è scritto da nessuna parte che un sentimento, qualsiasi sentimento tra le persone, debba essere corrisposto. Anzi. A volte, anzi, la maggior parte delle volte, abbiamo sensazioni verso gli altri che ci teniamo per noi. Di cui gli altri ne sono all’oscuro. E c’è pure un’altra faccenda. Più importante. Come si può amare qualcuno conosciuto il giorno prima. Quale follia è questa? Probabilmente sto capendo male.

Ho però capito che la vita è fatta di emozioni. Le persone sono emozioni. Angela parlava di energia. Io vedo le emozioni, lei vede luce ed energia. Dicono si tratti di forte empatia, la mia. Forse emozioni ed energia sono la stessa cosa. Sono fuggito in montagna per non vedere le emozioni. Per stare lontano dalle persone. Perché le emozioni che spesso provo e vedo negli altri mi fanno male. Non c’è solo bella gente ed emozioni positive. C’è in giro tanto odio, tanta invidia, tanta cattiveria. Sono salito quassù per non vederla. La pandemia ha peggiorato le cose.

E quassù, isolato, solitario e solo, sono stato raggiunto da due occhi blu. Concordo con chi dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima. Chissà cosa dicono agli altri i miei. Forse ci vedono un buco nero e profondo. Per questo distolgo lo sguardo. Anche se molte volte, mi capita spesso quando sono in giro per lavoro, di notare che la gente mi osserva e mi fissa. Ci guardiamo negli occhi. E vedo che mi fissano. E non mi piace. Mi mette a disagio. La scorsa settimana, lungo un marciapiede di Roma, mi sono guardato nello specchietto retrovisore di un furgone, cercando di capire cosa avevo di strano. Forse una macchia in viso? Ero sporco? Non avevo nulla. Tutto normale. Ma qualcuno ancora continuava a fissarmi. In treno, rientrando da Roma, ho pure pensato di avere un inizio di pazzia. Magari sto impazzendo.

Ritornando ad Angela, sono due pomeriggi che ci guardiamo negli occhi. Mi ci tufferei dentro. Vorrei finirci dentro e starmene in pace. Sono riuscito a toccarle le mani e pure ad accarezzarle il viso. Lei non lo sa, ma ogni carezza avrebbe voluto essere un bacio.

Ho notato che tra di noi, seduti sulla panca, aveva sistemato lo zainetto. Avrebbe potuto metterlo dall’altra parte, oppure lasciarlo a terra. Ma no, l’ha sistemato proprio in mezzo. Bello in piedi. Parlo poco, osservo molto e noto tutto. Forse la mia immaginazione è troppo fervida, ma l’ho interpretato come un segnale di barriera all’entrata.

Sono in preda alle emozioni. Ora meno. Stanotte parecchio. Il tempo chiarirà, forse, le cose. Provo qualcosa per lei. Qualcosa di grande. Che non c’entra con l’innamoramento. Ma centra con il bisogno di amare. Vorrei poterla amare. Lo sto facendo. A modo mio.

Ci siamo lasciati dicendo che mi porterà la pila. No, scherzo, questo non l’ha detto. Però ha detto che vorrebbe portarmi in un posto speciale, un bosco qui vicino, un luogo particolare, in cui potremo camminare scalzi per sentire la terra e la natura. Così ho capito. Con lei andrei ovunque. Staremo a vedere.

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