Stanotte ho dormito come un sasso. Era da tempo che non mi accadeva di svegliarmi tardi. Questa mattina erano le 10 passate. Quando di solito qui in montagna verso le 6 inizio ad aprire gli occhi.

Sono rimasto sdraiato a letto. Ripensando a quanto accaduto nei giorni scorsi. Confesso di essere molto confuso. All’interno della t-shirt che indossavo l’altro giorno ho trovato delle macchie di sangue, o quello che credo sia sangue. Da dove proviene, visto che non ho escoriazioni o ematomi? Davvero sono caduto con la mountain bike?

Dovevo capire.

E volevo rivederla. Si, forse è questo. Ho scoperto di condividere la valle con una dirimpettaia strana, adorabile e bellissima. La sua baita dovrebbe essere proprio sul versante di fronte al mio, in una radura tra gli abeti. Forse per questo non ho mai notato la casa. E nemmeno ho mai visto delle luci alla sera. Mai. Nemmeno di notte.

Dopo il caffè mi sono vestito e sono uscito a scrutare il cielo. Questa notte ha piovuto ed il cielo è ancora pieno di grandi nuvoloni neri. Minaccia pioggia, ma quello che devo fare è troppo importante.

Cosa potrei portarle? Cosa potrebbe farle piacere? Non ho qui nulla. Nulla di utile o bello. Qui non siamo in centro a Roma. Qui non ci sono negozi, bancarelle o supermercati. L’unica cosa che ho sono libri. Quelli non mi mancano. Ma non ho visto libri nella sua baita. Non ricordo di averne notati.  Magari non ama leggere. Però la citazione del Piccolo Principe è un indizio, anzi, direi una prova vera e propria che è una che legge. Ma cosa potrebbe leggere? cosa potrebbe piacerle?

Sono andato verso la a libreria. E subito un libro mi ha attirato: Seneca, L’Arte di essere felici. L’ho letto tutto, ma a pezzi, e ci sono voluti parecchi mesi. L’ho preso in mano: è pure molto sottolineato e appuntato. Vabbè. E’ un libro. Nasce per essere letto. Potrei portamelo dietro, ci metto un fiocchetto, ci infilo un fiore e se capita, ho un regalo da darle. Ottimo. Sembra lungo da leggere, ma in realtà è solo perchè metà libro è in latino e l’altra metà delle pagine è occupata dalla traduzione in italiano. Per quanto ne so, magari, ha pure studiato il latino. Di certo parlava in italiano, non in dialetto.

Mi sono dunque avviato lungo il sentiero, con Argo che correva avanti, quasi sapesse già dove avevo deciso di andare. Il terreno era bagnato ed ogni volta che sfioravo una pianta o un arbusto mi bagnavo. Ero in t-shirt e pantaloni corti. Nello zaino la ventina ed il libro. La mia intenzione era quella di prendere dei fili d’erba abbastanza lunghi da ricavarne un fiocco, da mettere sul libro. Avevo dietro anche una penna. Probabilmente ci avrei scritto qualcosa, una specie di dedica. In testa avevo questa: “Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. Ovviamente dal Piccolo Principe. Avrebbe compreso che avevo capito la sua citazione. E pure che amiamo lo stesso libro. E se due persone amano gli stessi libri, bhe, questa è una gran cosa.

Dopo circa mezz’ora di cammino sono giunto al bivio ed ho preso verso destra il sentiero che, scendendo, costeggia il torrente sull’altro versante rispetto a quello della mia baita. Ha iniziato a piovere. Leggero leggero. Gocce portate dal vento, ho pensato tra me e me. Dopo una decina di minuti avevo il cuore che batteva forte. Ero emozionato. L’avrei rivista?  e cosa le avrei detto? e cosa avrebbe mai pensato? E se non ci fosse stata? forse avrei lasciato il libro sulla porta. Non so. Mille pensieri mi riempivano la testa. Gran confusione. Stavo facendo una scemata a cercarla?

Ecco. Ci dovremmo essere. Nel frattempo aveva iniziato a piovere piuttosto intensamente. Mi ero fermato ed avevo indossato la ventina. Argo mi stava vicino e mi guardava, quasi mi volesse dire “ma perchè non torniamo a casa? dove stiamo andando? non senti che piove sempre più forte?”. Abbi fede mio prode compagno. Sei un cane fedele, giusto? allora non guardarmi così, che oggi sono in difficoltà.

Siamo scesi parecchio, ma non ho trovato la baita. Ero certo di non aver sbagliato sentiero. Alcuni punti li ricordavo bene. Oltretutto, non c’erano altre strade, se non avventurandosi tra gli alberi nel bosco. Che strano. Di solito mi oriento bene. Mi sono fermato. Le nuvole basse non aiutavano ad individuare bene il punto in cui mi trovavo perchè coprivano le cime delle montagne, di solito un valido punto di riferimento. Ma ero troppo basso. Ero andato troppo oltre. Ricordavo che la baita non era lungo il sentiero, ma sul lato a monte, dove si apriva una piccola radura con dei prati.

Ho deciso di ritornare sui miei passi. Con calma, osservando meglio attorno. Se ero andato oltre, avrei trovato la baita ritornando indietro.

Pioveva sempre di più. Per fortuna un temporale senza tuoni e fulmini, perchè quelli sarebbero stati un problema nel bosco.

Sono poi giunto al prato. Certo, era questo. Lo ricordavo bene. Ma la baita? dove diavolo era la baita? C’era una baita, ma era il rudere di una baita. Aveva il tetto sfondato, le ortiche erano cresciute alte davanti alla porta ed alla finestra. Forse non avevo notato il rudere. Ma il posto era quello. Ne ero certo. Ma la baita non la vedevo.

Ad un tratto un bagliore ed un tuono molto forte. Forse era meglio tornare a casa prima possibile. Anche perchè, se mi fossi presentato così fradicio, avrebbe davvero pensato “ma questo è un cretino, ieri cade in bici ed oggi si perde nel bosco sotto un temporale”. Vabbè. Peccato.

– Argo, vieni. Forza. Si torna a casa.

Quanta delusione.

Nel pomeriggio di oggi ha continuato a piovere. Arrivato in baita, dopo una doccia calda, ho preso la tobacco, la cartina topografica della zona. Ho seguito con il dito il percorso fatto stamattina e nell’area in cui avrebbe dovuto esserci la baita, in effetti, un piccolo rettangolino nero indicava la presenza di un edificio. Uno solo. Probabilmente il rudere.

E dove era la baita? Che avessi sbagliato sentiero? Ho guardato meglio la cartina, ma non c’erano altri edifici e nemmeno altri sentieri. Che strano. Non capivo. Ed io non sopporto non capire. Avrei dovuto risolvere in qualche modo.

 

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