Ieri pomeriggio sono scappato da un temporale improvviso. Questo almeno era ciò che immaginavo quando nell’arco di pochi minuti uno strano borbottio di tuoni lontani seguito da minacciose nuvole grigie sono spuntate da dietro alla montagna, alle mie spalle, mi hanno distratto dal libro appena iniziato. Ce ne stavamo belli tranquilli, Argo ed io, sotto al faggio in mezzo al prato appena sfalciato,. Era stata dura salire in cima, lassù sull’altipiano, percorrendo la via dei campi. Insolitamente dura, probabilmente per il caldo. Quest’estate anche qui in montagna le temperature sono alte, non piove da settimane, e pure la notte la calura non accenna a diminuire. Altro che dormire con il piumino, come gli scorsi anni. Non oso immaginare la vita in città, costretti a stare con il condizionatore acceso.

In pochi minuti i nuvoloni, correndo veloci, erano spuntati da dietro la cima. “Dai Argo, forse è il caso di avviarci. Qui minaccia un gran temporale”. Non che mi preoccupasse, e men che meno ad Argo. Anzi, forse rientrare sotto la pioggia sarebbe stato anche piacevole e divertente. Sicuramente rinfrescante.

I tuoi erano forti e lontani. Un costante borbottio che sembrava il passaggio di un aereo, o di un grosso camion. Il sole era sparito dietro i nuvoloni girgi e neri, carichi di pioggia. In fondo, lontano, il colore bianco indicava il temporale in arrivo.

Mi sono guardato attorno. Verso est il cielo era sereno, con poche nuvole bianche. Ho ammirato i campi verdi, dell’alpeggio, il bosco di abeti sempre più rado, come sempre superati i 2.000 metri di altitudine. In alto, le cime erano bianche, con il colore delle rocce nude che contrastava il blu celeste del cielo. Ho pensato che quello è il mio colore. Ed ho ricordato il cielo ed il mare di Serifos. Splendida isola. Splendido mare. Splendido viaggio che mi sono fatto ad inizio estate. Splendide persone che ho incontrato. Ed ho associato il blu del mare al verde dei prati alpini. Ed ho provato la stessa sensazione di pace e benessere, di quella solitudine che non è isolamento. La sensazione di essere dentro il mondo, non isolato dal mondo. Eravamo noi due, Argo ed io, i soli visibili.

Per un attimo ho considerato che stare qui, in mezzo al prato, tutto solo, con la natura attorno, era un po’ come essere in mezzo al mare, marinaio sulla barca a vela. E ci ho visto la metafora della vita. Mi sono sentito un velista, qui, in un alpeggio a quasi 2.000 metri.

Siamo soli, siamo lontani dalla terraferma che significa certezze e sicurezza, abbiamo una rotta e una meta, ma dipendiamo dai venti, dal meteo e da una piccola vela che a volte, nelle tempeste, devi ammainare. E le tempeste ed il mare mosso prima o poi arrivano, e possono farti naufragare, oppure cambiare rotta, ma che soddisfazione quando torna il sereno e il vento soffia forte spingendo.

Ci vuole coraggio a navigare. Ci vuole coraggio a spingersi al largo. Ci vuole coraggio ad affrontare la vita. Perchè la vita ti riserva imprevisti, momenti duri, inaspettati, talvolta a prima vista insormontabili. Sono le nuvole che diventano nere e poi tempesta.  E come i marinai esperti non dobbiamo lasciarci turbare dagli inconvenienti a breve termine, che sono come le nuvole, prima o poi passano. Coprono il cielo azzurro, oscurano le stelle, ma prima o poi scompaiono. Bisogna solo lasciarle sfogare. Ed a noi non rimane che gestire la situazione, facendo tesoro delle esperienze passate, oppure, semplicemente, affrontando il momento. Dobbiamo imparare a gestire, senza fuggire.

Alla fine, comunque, non ha piovuto.