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Questa ve la devo proprio raccontare. Ve la devo scrivere perché un’esperienza così è una cosa da film, una di quelle che si vedono sempre e solo al cinema, quando  uno dice “vabbè… figata… ma è un film.. solo finzione, recitazione”.

No cari. Capita. Non accade quasi mai, ma ogni tento invece accade. Come quando qualcuno vince alla lotteria. Può capitare. Purtroppo, fatevene una ragione, capita sempre agli altri.

Domenica pomeriggio me ne stavo seduto in poltrona, bello rilassato, quando mi è venuta voglia di musica. Forse non vi ho detto che nelle scorse settimane ho portato in baita un piccolo impianto hi-fi, completo di radio, cd, lettore dab, mp3, a cui ho collegato il meraviglioso piatto Technics SL 1210, quello nero, per chi se ne intende e capisce di cosa sto parlando. Piatto acquistato usato, dal fallimento di una discoteca spagnola, che ancora puzza di fumo e di discoteca. Chissà quante ne ha viste. Chissà quanti giri si è fatto. Ma suona ancora benissimo ed è indistruttibile.

Sono partito molto rock, con il vinile Use your illusion (1 e 2) dei Gun’s e passando poi ai REM ed agli Smashing Pumpkins, finendo con Pearl Jam e Green Day. Musica a palla.  Chitarre al massimo e canto a squarciagola. Uno spettacolo terribile, ma estremamente energico. Ho la netta sensazione che gli animali del bosco siano corsi a rintanarsi nelle tane oppure a scappare a zampe levate, tipo la fuga dall’incendio nel cartone di Bambi.

Dopo il momento molto rock, sono passato alla dance. Volevo ballare, non prima di aver passato Island of the sun degli Weezer… cantata e suonata con una finta chitarra immaginaria, da vero rocker. Ma avevo voglia di qualcosa di più. Sono quindi finito su Prodigy e su Moby.

Una scena allucinante. La gatta era scappata di sopra, Argo mi guardava allibito, a tratti abbaiando (non abbaia mai!), io che ballavo come un folle cantando a squarciagola. Il tutto di sera, in una baita, in un prato completamente innevato, isolata tra i boschi in montagna.

Ad un tratto si apre la porta e spunta una figura imbacuccata tra giaccone con pelo, guanti, sciarpa sul viso e berrettone con ponpon in testa. Rimane sull’uscio, allibita. La musica alta, un pazzo che balla scomposto da solo in mezzo alla stanza con un cane incredulo.

Io mi fermo. Atterrito ed imbarazzato. Non capisco.

“Ahh, Ahhh. Ahh..” una risata fragolosa “Ma che ti sei completamente impazzito? Cosa ti sei bevuto?”

Come non riconoscere la voce di Angela, sommersa da tutti quei vestiti invernali.

“Entra entra, veloce che mi fai entrare il freddo ed uscire il caldo. Senti che aria gelida. Noi qui si stava facendo un po’ di ginnastica, di movimento, per sgranchirsi” ho risposto, un poco imbarazzato ed abbassando il volume della musica che, in effetti,  era poco idoneo a permettere un proficuo dialogo con un tono di voce normale.

“Vedo vedo. La musica si sentiva fin dal paese. Ho pensato qui si stesse festeggiando qualcosa di importante”

“Davvero sei salita per dirmi di abbassare?”

“Ma quanto sei scemo? A te la vita da montanaro solitario non ti fa mica bene. Si vede che non sei abituato al poco ossigeno ed all’aria più rarefatta”

“In realtà qui si stava proprio festeggiando la vita da montanaro isolato nell’aria rarefatta. Mancavi giusto te. Ti fermi a cena? Come stai? è da parecchio che non ci si vede”

“In effetti. Sono passata un paio di volte nelle scorse settimane ma qui era tutto buio e tutto chiuso. Avevo pensato che la troppa neve ti avesse fatto demordere e riportato alle comodità della città”

“In effetti sono stato in giro per lavoro. Sono rientrato l’altro ieri. Non vedevo l’ora di ritornare qui, a riposarmi e staccare. Allora? ti fermi o vai di fretta?”

“Non so. Sono uscita per farmi una passeggiata nella neve. Ed ho deciso di venire a vedere se eri tornato. Comunque si, va bene. Che mi prepari di buono?”

Angela era sempre Angela. Splendida. Ironica. Intelligente. Un amore di donna. Non ci vedevamo da parecchio tempo, ma ogni volta che ci si ritrovava bastavo pochi secondi per provare la sensazione di non esserci mai allontanati. Sapevo che anche per lei era così.

Abbiamo preparato assieme la cena, un pasto veloce fatto di verdure cotte alla piastra, un tagliere di speck, salame, formaggi, cetriolini, cavolo capusso, patate saltate ed innaffiato da un ottimo Chianti riserva, acquistato a Siena le scorse settimane. Abbiamo parlato di noi, mi ha trovato diverso, energico e più sereno del solito. Le ho raccontato delle serate di meditazione tantra e dell’esperienza della cena al buio.

L’aria in baita si è fatta molto carica di energia, sensualità ed erotismo. Forse i bicchieri di chianti, forse l’atmosfera di una baita in montagna, isolata nella neve, con la stufa accesa, o forse due persone affini che non si vedevano da tanto tempo, il testosterone si poteva tagliare con il coltello.

“Che tardi che si è fatto. Mi viene male a pensare di ritornare a casa nel bosco, da sola, con questo freddo”

“E perché non rimani? Cosa devi fare domani?

“Domani? nulla. Domani sono in ferie. Devo solo andare dai miei a salutarli”

“E perché non ti fermi qui stanotte?”

“E per quale ragione dovrei fermarmi qui stanotte?”

“Perché te lo sto chiedendo. Perché ci sono qui io. Perché è tardi, fuori è buio, è freddo ed il sentiero sarà ormai ghiacciato. Sono un gentiluomo e non permetterei mai che venisse messa a repentaglio l’incolumità di una splendida creatura”

“Non basta. Puoi fare di meglio. Ne sono sicura.”

“Perché se rimani ho in serbo una serata indimenticabile. Una notte sensoriale” – non ho idea da dove mi è venuta una simile proposta. Ma l’idea nella mia testa era ben chiara. Avevo davvero immaginato una cosa pazzesca. Un lampo. Un’ispirazione.

“Va bene. Accetto l’invito. Ma vedi di escogitare qualcosa di veramente memorabile, che le mie aspettative ora sono elevatissime. Ed un gentiluomo come te non può permettersi di deludere una splendida creatura.”

“Va bene. Ti fidi di me?”

“Poco. Ma l’ho sempre fatto…”

“Allora chiudiamo la porta, spegniamo qui. E seguimi di sopra. Anzi. Stai qui seduta e chiudi gli occhi. Fidati di me.”

Sapevo già dove li avevo lasciati qualche sera prima. Sono tornato da lei e da dietro le ho legato, coprendole gli occhi, la lunga benda di raso nera che avevo preso alla cena al buio.

“Ma tu sei pazzo”

“Tu fidati. Fidati di me. Ora vieni, saliamo di sopra”

E piano piano l’ho guidata lungo le scale e poi al piano di sopra. Un passo alla volta. Al buio. Guidandola con delicatezza verso l’ignoto. Si faceva guidare con calma, allungando le mani e cercando di individuale eventuali ostacoli.

Arrivati in cima l’ho fatta sedere sul letto. E mi sono inventato le regole: “Questo è il letto, lo conosci bene. La stanza è come l’ultima volta. Ora mi benderò pure io. Ti farò sentire e proverò che anche io non vedrò nulla. Quando finirò di parlare sarà vietato parlarci, a meno che tu non voglia interrompere questo gioco. E quando vorrai, ma pure io, potremo in ogni momento interrompere tutto e togliere la benda. Ma dovremo prima avvisare l’altro. Da bendati tutto sarà permesso. Se qualcosa non ti piace, dovrai solo dire “questo no”, ed io mi fermerò. Uguale per me. E’ tutto chiaro?”

“Si. Mi piace. E’ strano e divertente.”

“Va bene. Ora mi bendo. Buon divertimento!”

Siamo rimasti seduti per i primi momenti. Le sue mani hanno cercato il mio viso, sentito la benda sui miei occhi. Poi si sono abbassate sul naso, percorrendomi il profilo del viso, accarezzandomi la barba, passando le dita delicate sula mia bocca. Io seguivo le sue mani, le sue dita, con tutti i sensi portati all’eccesso.

Poi mi sono chinato davanti a lei. Sentivo il suo respiro, calmo, profondo. Mi accarezzava la testa e le spalle, percorrendo lentamente il mio corpo. Io ho seguito le sua gambe, le cosce, delicatamente, piano piano.  Le ho slacciato gli anfibi, e non racconto la difficoltà nello slacciare un paio di Dr Martens alte. Le ho accarezzato i piedi, sentivo i calzettoni di lana grossi e le sue dita dei piedi. Le ho percorse una ad una. Salendo lungo il piede, la caviglia e le gambe, Lei continuava ad accarezzarmi le braccia, le spalle, la testa, il busto. Era molto delicata. Un tocco lento e sensuale.

Poi mi sono alzato e le ho sfilato delicatamente il pesante maglione di lana. E lei si è spostata all’indietro sul letto, prendendo le mie mani e portandomi con sé. Ci siamo trovai sdraiati sul letto. Con le mani che percorrevano i nostri corpi. Vogliose di scoprirci. Con i sensi al massimo. Con la mente attenta a percepire ogni piccolo dettaglio, ogni minima variazione nel respiro, ogni impercettibile movimento. Con l’ansia, il fremito e l’aspettativa mille, in attesa di scoprire dove le sue mani si sarebbero posate.

Sentivo il suo profumo. Il suo respiro. La sua eccitazione che saliva.

Ci siamo toccati e sfiorati a lungo. Sempre più desiderosi di scoprirci. Lentamente i vestiti venivano sfilati. Uno alla volta. Era bellissimo accarezzarla attraverso gli abiti. Con i sensi a mille. Il seno, la pancia, il pube. Me la sono goduta come non mai. Quel corpo splendido, che nonostante la vista oscurata vedevo ed immaginavo nitido nei miei pensieri. Ho provato piacere nel sentirla percorrere il mio corpo, con le sue dita lunghe e delicate. LE potevo immaginare. Ho scoperto di provare molto piacere quando mi accarezzava le dita di piedi e delle mani, il basso ventre e la testa. Oppure quando, a tratti, mi stringeva le mani tra le sue mani. Oppure quando sentivo i suoi piedi accarezzarmi le gambe, salire verso il pisello che, manco a dirsi, era estremamente vispo ed in spasmodica attesa delle sue mani. Che si avvicinavano, ma mai lo toccavano. Una vera e propria sofferenza. Quel tocco non tocco eccitante, ma senza esito. Pure io avevo deciso di usare la sua strategia della massima aspettativa.

Dopo parecchio tempo, entrambi davvero molto eccitati,  ci siamo ritrovati vestiti delle sole bende, sdraiati capovolti sul letto, con i piedi dalla parte della testa. Sfilandoci gli ultimi capi d’abbigliamento, per me la t-shirt e per lei le mutandine, abbiamo iniziato a utilizzare la lingua. Ad esplorarci con l’olfatto e con la bocca. Lentamente e delicatamente. Percorrendo tutto il corpo dell’altro. In un’esplorazione delicata, sensuale e pazzesca. Le ho baciato e succhiato le dita delle mani, sono sceso lungo le gambe, leccandole i piedi e ciascun dito, con calma, uno alla volta. Lei apprezzava, mugugnava ed il respiro si faceva affannoso. Anche quando le ho leccato, succhiato e mordicchiato i capezzoli ho percepito un suo grande piacere. Li sentivo turgidi, dritti e duri come non mai. Sensibilissimi, credo, a giudicare dai suoi sospiri ed ansimi. E poi ha ricambiato, percorrendo il mio corpo con la lingua, soffermandosi nei punti che mi facevano inarcare la schiena dal piacere. Il tutto lasciando inesplorate le nostre rispettive parti intime.

Dopo un tempo che ricordo come infinito ma piacevole come una carezza delicata, siamo finiti a toccarci nell’intimità. Entrambi eccitati al massimo, con lei bagnatissima e pulsante, e lui duro, grosso e sensibile come non mai. Vogliosi di unirsi. Anima e corpo. Menti e sentimenti.

Credo che ulteriori dettagli servano a poco. Ci siamo amati come masi successo, come mai avevo amato un’altra persona. Ci siamo sentiti davvero uniti. Completi l’uno nell’altro,

Di più non so dire. E forse non servirebbe a nulla. Che notte pazzesca. Che donna incantevole. Strana cosa l’amore.

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