c’è chi viaggia per perdersi, c’è chi viaggia per ritrovarsi

L’ha scritta Gesualdo Bufalino, scrittore e poeta siciliano, di una cultura immensa, uno che quando gli chiesero come poter migliorare questa società che appariva sempre più malata, rispose: “La cura è una sola: libri libri libri”.

Ci eravamo lasciati sull’isola di Rab. Ci ritroviamo ora sul molo, in attesa del traghetto che ci riporterà sulla terraferma, per proseguire il nostro viaggio avventuroso. Ardito perché dal tragitto improvvisato. Ogni giorno una meta di arrivo, ma senza aver pianificato la strada. Sono circondato di moto, turisti olandesi e polacchi. Vestiti in pelle e poco socievoli. Un paio di loro mi hanno superato a tutta velocità con le loro moto bargie e rumorose mentre scendevo al porto. Li ritrovo qui, ora, che aspettano pure loro. Come tutti.

Sull’isola ho chiacchierato con la signora che gestiva l’hotel. Due sole stanze occupate, la mia e quella che ospitava una famiglia di inglesi, marito, moglie e due figli. Ed un cane che avrebbe potuto essere il cugino di Argo. Avrei voluto fotografarlo, ma mi sono limitato ad un paio di carezze. Marito e moglie hanno terminato la cena ridendo, visibilmente allegri dopo essersi scolati tre caraffe da mezzo litro di vino bianco. Mi hanno fatto tenerezza. Bello l’amore. Bello poterlo condividere ricambiati. Bello quando i pesi sulla bilancia si equivalgono e sono in grado, eventualmente, di ritrovare l’equilibrio quando perduto.

Per chi abita in montagna, il traghetto suscita emozione. Sembra stupido, ma è così. E, per fortuna, non tutti siamo uguali. L’attesa del traghetto, il vederlo arrivare lento all’orizzonte, la frenesia che anima gli addetti del porto e soprattutto quella di coloro che dovranno imbarcarsi. Tutti in fermento. Tutti emozionati. Ogni volta come la prima volta.

Sulla tratta dall’isola a Stinica, il porto sulla costa, due cose mi hanno colpito ed incuriosito. Sono salito sulla terrazza più alta, per poter ammirare il panorama ed il lavoro dei portuali. Dietro di me seguiva una signora dai capelli corti e grigi, vestita di un lungo abito giallo ed un nipote affianco. Si sono fermati sul terrazzo sottostante, con il nipote subito affacciato ed incuriosito dall’operato dei marinai. Lei si è seduta sulla panca ed ha iniziato immediatamente a sferruzzare, oppure all’uncinetto, non sono riuscito a capire. Sulle gambe un pezzo di colore azzurro, che, nonostante la brevità della traversata, è stato riposto molto più lungo al momento dell’approdo.

Ma la cosa più divertente è stata l’arrivo delle mondine. Alle mie spalle si è seduta una decina di donne, di età variabile tra i 30 ed i 60 anni, credo croate. Comunque con una parlata dell’est europa. Ancora prima di lasciare il molo hanno intonato dei canti che sono proseguiti, tra gli applausi di tutti i passeggeri, fino all’arrivo. Non ho idea di cosa cantassero, ma ho avuto la netta sensazione che fossero canzoni sull’amore e sull’innamorato lontano. E’ stato divertente e molto emozionante. Mi ha dato gioia.

In Croazia ho proseguito verso sud percorrendo una strada interna rispetto a quella costiera. Rimaneva più alta ed a tratti entrava all’interno, anche qui lungo strade deserte, boschi solitari e paese abbandonati. Questo secondo giorno nella mia testa la colonna sonora è stato un brano del gruppo Noel Gallagher’s High Flying Birds chiamato Open The Doors, See What You Find. Una canzone che, interpreto, parla di non aver paura di cambiare, di non nascondersi,  con un incoraggiamento ad aprire la porta e ad uscire, a prendere tutto ciò che la vita ci riserva. Ad un certo punto della tua vita, ti guardi allo specchio e vedi tutto ciò che sei sempre stato e tutto ciò che sarai. Si tratta di essere felici con questo. Essere felice di dove sei nella vita, di chi sei e di dove stai andando. La vita è bella! Fuori fa caldo, il mondo non è un luogo freddo. La cosa molto curiosa è che le canzoni in viaggio con la moto non le penso, non le scelgo, vengono da sole. Arrivano al momento giusto. Non c’è spotify o autoradio. E noi, a nostra volta, ci vediamo il significato giusto, o perlomeno quello che riteniamo tale ed adeguato al momento. Un po’ come la vita, in cui momenti diversi ci fanno reagire in modi differenti.

Ho dunque proseguito la strada verso il sud, all’interno della costa, lasciando sulla destra Zara e poi Spalato. La parte interna della Croazia è molto rurale e poco abitata. Pochi centri abitati, tanti paesi abbandonati, tanti boschi e campi. Finalmente il tempo è buono, temperatura mite e cielo sereno. La sera arrivo a Ragusa, non quella siciliana, ma quella Croata, in lingua locale Dubrovnik. La vecchia città murata è un fantastico dedalo di viuzze, ricche di negozietti e locali in cui mangiare e bere. Sono riuscito a trovare un piccolo mini appartamento sulla collina sopra il centro storico, nascosto in  un labirinto di vie impervie e strette che mi ricordano Taormina. Ci metto oltre mezz’ora a piedi a raggiungere il centro, faccio un giro e ceno in uno splendido locale con i tavoli all’aperto. Quando è ora di alzarsi ecco le prime gocce. Rientro alla stanza con il telefono scarico, completamente fradicio, e ringraziando la buona sorte per non essermi perso.

Il giorno successivo riparto verso sud, costeggiando il mare Adriatico. Entro in Montenegro e mi rendo conto che è tutto un fiorire di cantieri. Stanno costruendo ovunque, hotel lussuosi ed quartieri residenziali che sembrano copiati da una serie hollywoodiana di super arricchiti.  Stride un poco con la situazione dell’entroterra, che mi sembra povera e gran poco industrializzata. E nemmeno molto agricola.

Entro finalmente in Albania da una dogana che è un edificio moderno color lillà. Non vedo il viso della doganiera, ma apprezzo due braccia sottili ed abbronzate, con delle splendide mani dallo smalto color melanzana. Non dice una parola se non “ciao, buon viaggio” in italiano, restituendomi la carta d’identità ed il libretto della moto. In Albania mi inoltro nell’entroterra, deserto, agricolo e molto selvaggio. Anche in questo tratto, dovessi avere un problema meccanico, sarei costetto ad attendere ore prima di incrociare qualcuno. Ma tutto procede bene. La mia prode GS viaggia che è un piacere. Sembra serena e felice pure lei. Una cosa che salta all’occhio in Albania è che è pieno di officine di auto, sfasciacarrozze, piazzali pieni di auto nuove ed usate, e, soprattutto, di lavaggio auto. Ogni cento metri c’è un’officina o un autolavaggio. E lungo la strada un sacco di meravigliose auto d’epoca, abbandonate senza targhe. E poi, in Albania, il più povero gira con una Mercedes da 100 mila euro. Solo Mercedes, poche BMW, qualche rara Audi. Altre vetture non se ne vedono. Men che meno auto elettriche. Considero che da quando sono partito, oltre 1.000 km fa, non ho ancora visto un’auto elettrica. Con buona bace di quei coglioni di Bruxelles e di quella decelebrata di parruccona di von del cul. La transizione verde è solo nei loro cervelli malati. Ed in quelli dei beoti paurosi cagasotto che si bevono ogni stronzata del mainstream. Buon per loro. Viva la loro scienza.

Verso le 17 mi coglie un vero e proprio nubifragio. Sono a circa 50 km dalla costa, dove sono diretto. Non c’è nulla se non le gocce di pioggia che mi colpiscono il viso come proiettili attraverso il casco aperto. Mi fermo in una piazzetta nel primo paese che trovo lungo la strada. Parcheggio in una delle strutture in cemento armato, in tipico stile sovietico, che fungono da fermata dell’autobus. Scendo dalla moto e mi sgranchisco. Da dietro vedo un’ombra e qualcuno poco dopo inizia a dirmi “Međugorje. No. No Međugorje”. Si tratta di un vecchio sdentato e mezzo gobbo, dal viso abbronzato che gesticola verso la strada. E’ tutto felice e vuole spiegarmi qualcosa della strada. Non saprò mai quello che voleva dirmi, ma sembra contento quando riesco a fargli capire che sono diretto verso il mare e non a Međugorje. Scoprirrò in seguito che ero parecchio lontano da Međugorje. Alla fine capisco, o così credo, voglia sconsigliarmi di andare verso Međugorje perchè incontrerei il diluvio. Ovviamente non manca la domanda: “italia?” Si si, italiano. Il vecchio è simpatico, ha gli occhi buoni e curiosi. Sembra seriamente preoccupato per la pioggia, ma è felice di sapere che sto andando verso il bel tempo. Avrei voluto fargli una foto. Sarebbe stato uno splendido ricordo, ma non ne ho avuto il coraggio.

Alla sera raggiungo la costa Albanese, a Velipoje. Passo per circa dieci volte davanti ad una pattuglia di poliziotti, io completamente smarrito, visto che il navigatore ogni volta mi fornisce indicazioni diverse su come raggiungere l’hotel in cui ho prenotato. Sulla strada non passa nessuno. I due poliziotti sono fermi con la paletta in mano, ci passo davanti davvero una decina di volte, mi aspetto che prima o poi mi fermino, unico sulla strada, tra l’altro pure straniero, ma nulla. Ogni volta solo gran sorrisi e saluti. Non ho il coraggio di fermarmi da loro a chiedere indicazioni e mi fermo invece in un negozio di frutta e verdura. Conoscono l’hotel e mi indicano la via più breve, sterrata, lungo il mare e praticamente allagata. L’hotel è gestito da due ragazzi molto simpatici, che parlano italiano, che mi offrono una birra di benvenuto e mi consigliano dove mangiare lungo la spiaggia. Sembro essere l’unico cliente. Lascio la moto praticamente davanti all’ingresso e spero di ritrovarla il giorno successivo. Quanti pregiudizi sull’est europa e sugli albanesi. Ho trovato solo gente felice, disponibile ed estremamente gentile.

Ceno in un ristorante lungo la spiaggia, a circa venti minuti a piedi dall’hotel. Sembra l’unico aperto ed è pieno di turisti stranieri. Sono l’unico italiano ed, assieme ad una coppia di tedeschi, buttiamo i nostri avanzi ad un piccolo cane randagio e ad un gatto di colore rosso che si piazzano davanti ai nostri tavoli. Penso ad Argo ed a quanto mi manca. chissà cosa starà facendo. Chissà se si è accorto che manco da casa.

Quando rientro in hotel il piazzale è pino di moto. La mia non è più la sola ed è stretta tra due altri GS. Bene. Si faranno compagnia. Dopo dieci minuti sono già che ronfo nelle braccia di morfeo.

 

 

 

 

Write A Comment