Il terzo giorno con Ramon e Martina lo passammo pranzando assieme. Sarebbe stato il giorno dei saluti. Questa volta furono loro a portarmi cibo e bevande. In dosi industriali. E questa volta ebbi la certezza che tra loro era nato, e stava crescendo, qualcosa di bello. Erano giovani, belli, premurosi ed attenti all’altro. Si cercavano, timorosi. I loro sguardi si incrociavano e le loro mani si ritraevano pudiche quando rischiavano di toccarsi. Che teneri.

Il discorso sulla vita in montagna stava orami proseguendo da giorni, affrontando il tema sotto mille aspetti ed analizzandone le tante sfaccettature.

Una cosa forse non avete ben compreso” – dissi loro tra una fetta di salame ed una patatina fritta – “Che chi decide di spostarsi a vivere in montagna, non lo fa per scappare. Non si scappa da nulla. Non si cerca la solitudine. Nessuno qui vuole fare l’eremita.

Ma bisogna essere un po’ solitari per vivere da eremita. Non lo si vuole fare, ma si finisce per esserlo” – rispose Martina, sempre molto acuta e pungente.

Ecco, vedi? questo è quello che la gente percepisce, ma che non capisce. Qui nessuno è solo. In questi posti la comunità è più viva che mai. I rapporti sociali che si instaurano in posti come questi, in cui la vita ti mette alla prova, talvolta con durezza, quelli che vivono agiati nelle loro comodità cittadine ed affollate, non potranno mai nemmeno sognarli. E non si tratta di vivere in montagna. Qualsiasi luogo al mondo in cui mancano le comodità cui siamo abituati diventa un luogo in cui la comunità è più viva e partecipe. E’ naturale che sia così

Beh, questo discorso devi proprio spiegarlo. Perchè pure io faccio fatica a capirlo. Spiegati meglio, che sembrerebbe molto interessante questa visione alternativa. Fammi capire.

Va bene, proverò a farvi un esempio. Concreto. Prenderò voi. Pensate agli ultimi giorni e cosa è accaduto quando siete arrivati qui.” – mi guardavano con una interessata curiosità, quasi ansiosi di capire dove sarei voluto andare a parare. “Siete arrivati in un paese isolato, dove non conoscevate nessuno e dove pensavate non ci fosse nulla e nessuno. Siete stati accolti. Avete trovato una comunità, ovvero gente che si conosce tutta, bravi, belli, brutti e cattivi, simpatici ed antipatici, ne più ne meno che un qualsiasi altro posto. Ma con una differenza, ovvero una capacità di aiutarsi l’un l’altro difficile da trovare dove la vita scorre facile, tranquilla, abitudinaria e, soprattutto, assuefatta ad ogni confort. Qui sta la differenza: le piccole comunità isolate sanno cosa significa vivere isolate. Sono abituate a lottare, anche per le piccole difficoltà. Un giorno manca la connessione telefonica, un altro non funziona internet. Basta un temporale per far saltare la luce per intere ore. Quando nevica non arrivano le corriere, le strade si interrompono, fanno fatica ad arrivare i camion con i viveri per il bazar del paese. Senza luce non funziona nulla. Se accade in città, siete fottuti e spacciati. Quando accade qui, nessuno si preoccupa. c’è sempre un piano alternativo. Qui tutti hanno un piano di sopravvivenza.”

Ma non basta. Qui tutti hanno l’orto, hanno la cantina con la scorta di viveri, salumi, formaggi, farina, mais. Ci sono le galline per le uova. Abbiamo l’acqua che arriva dalle sorgenti, direttamente in casa e nelle fontane del paese, che non vengono mai chiuse. Qui tutti conoscono i principali rimedi medici delle erbe alpine e medicinali. Tutti hanno scorte di vino, grappa, birra. Sappiamo arrangiarci. Troverai sempre un aiuto ed una mano per qualsiasi problema. Ogni uomo è un tuttofare ed ogni avvolto racchiude gli attrezzi per un’officina. Non ci serve il telefono, la televisione e la radio. Possiamo stare senza luce e senza internet. Abbiamo le candele e la voglia di chiacchierare. Ci scaldiamo con la stufa. Facciamo da mangiare con il fuoco. Passiamo le serate con il maglione di lana, la copertina ed il caminetto acceso. E chi ci ferma? Cosa mai può fermarci?

Ramon e Martina erano silenziosi ed estremamente attenti. Avevo colpito il segno. Avevo acceso una piccola lampadina nelle loro menti colte, preparate e piene di notizie. Ma anche di luoghi comuni. Li vedevo pensare. Ma non avevo ancora terminato il mio sermone.

Quando siete arrivati qui, voi due, due perfetti sconosciuti, siete stati accolti con una fiducia e bontà che non troverete altrove. Tutti si sono dimostrati pronti ad aiutarvi. Hanno percepito che avevate bisogno, che cercavate qualcosa. Se sei pronto per le difficoltà, perchè quotidianamente vivi in un luogo pieno di tante piccole difficoltà, perchè sei abituato alle non comodità, ad arrangiarti senza tutto ciò che in città il benessere e le tecnologie hanno creato, qule finto benessere che poi è una schiavitù abitudinaria delle comodità, allora sei pronto a tutto. E la comunità è presente. E’ la gente sempre pronta ad aiutare il prossimo, perchè tutti sanno che prima o poi saranno loro ad aver bisogno degli altri. Gli animi sono genuini e puri. Anche qui ci sono antipatie e malumori, ma rimangono delle piccolezze ininfluenti. Qui c’è la comunità. Se sei in difficoltà la gente lo nota, si ferma e ti aiuta. Senza pretendere nulla in campo. Lo fanno perchè si è sempre fatto così. Perchè in questi luoghi isolati è l’unica maniera per vivere. Qui si vive, non si sopravvive.

Li avevo convinti. Ne fui certo quando Martina si alzò e tornò al tavolo con un blocco e la penna.

Bene. Ora ripeti tutto, parola per parola. E non dimenticarti nulla.